Regia di Akiva Goldsman vedi scheda film
Che l’amore se ne infischi del Tempo è risaputo, Storia d’inverno lo solleva in volo su Manhattan in groppa a un cavallo alato. Due epoche e due amanti, l’una il destino dell’altro in una battaglia ancestrale e infinita tra massime forze, incarnate in entità minime eppure decisive: il ladro Colin Farrell, talentuoso meccanico riciclatosi scassinatore gentiluomo, e la giovane aristocratica Jessica Brown Findlay, stella rossa e caldissima fatalmente vicina a un prematuro tramonto. È il 1895 quando lui entra in casa di lei per derubarla, finisce a prendere il tè e lascia il suo cuore sul tavolo: lo ritroverà nel 2014, disegnando sui marciapiedi della Grande mela il profilo della sua innamorata. Iperbole stucchevole in potenza e caotica in atto, il film dal romanzo omonimo di Mark Helprin gravita tra (seconde) possibilità ed esistenze intimamente collegate, affrescando una parete - inespugnabile, pretenziosa, infine risibile - di angeli & demoni attorno al fulcro della storia. Come se stesse maneggiando il copione della vita, lo sceneggiatore Akiva Goldsman non rinuncia a niente e smarrisce il centro: quel piccolo sincero luccichio che s’intravede tra una mefistofelica caricatura (Will Smith...) e uno spiegone patetico. Quel bagliore portato dai due protagonisti, che a dispetto delle stelle pesanti sopra la testa sciolgono il ghiaccio della terra invernale. In un’opera che parla di miracoli, l’alchimia magica & ironica tra il balordo redento e la principessa febbricitante non basta purtroppo a redimere una pacchiana sfilata di proclami trascendentali e sagome manichee.
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