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Storia d'inverno

Regia di Akiva Goldsman vedi scheda film

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La recensione su Storia d'inverno

di M Valdemar
4 stelle

In un fumoso vorticar/furioso lacrimar di pensieri e parole e azioni ad alto concentrato di spiccia spiritualità centrifugata in un'ottica di mero accumulo e lucro, Storia d'inverno si dipana lungo due (uggiose) ore senza che mai possa realmente emozionare e scalfire quel suo cuore di ghiaccio (narrativo, estetico, programmatico).
Qua si blatera di destini da compiere, di disegni generali (tutt'al più schizzi caporali), di miracoli (e miracolose ridicolaggini, a partire dal poppante gettato in mare aperto a bordo di una scialuppa-giocattolo), di grandi unici amori che trascendono il tempo lo spazio la malattia e la morte, di lotte tra bene e male con tanto di angeli custodi, demoni e finanche Lucifero in persona (Will Smith! e non c'è niente da ridere, purtroppo), di stelle e luci che rifrangono la volontà dell'Universo.
Un pastrocchio gonfio, strano e straniante, tronfiamente e inutilmente ammantato di un'aura fantasy necessaria soltanto come autogiustificazione: c'è troppo (di tutto) e troppo poco (le voragini del racconto), quindi la visione non può che risultare indigesta.
Oltretutto, non c'è nemmeno quella basilare, elementare (e sempre fruttuosissima) "soddisfazione" che una travagliata, disperata, ostacolata storia d'amore può dare. A meno di tre quarti di film, è cosa morta, in tutti i sensi. Così, proprio come il protagonista - "meccanico" che sa aggiustare ogni cosa nonché (fu) ladro - vaga dimentico per le strade (fisiche e temporali) senza un perché un passato e un qualsiasi senso, anche lo spettatore è disorientato, in attesa che magari avvenga l'impossibile.
Speranze disattese: il miracolo c'è, ma virato verso il compassionevole (oscuri i legami tra i vari personaggi, come incomprensibile appare il salto all'attualità), con spruzzi d'assurdo (vedi la "piccola Willa" conosciuta nella vita precedente: quanti anni dovrebbe avere ora?) e l'inevitabile scontro definitivo con la sua nemesi demoniaca.
Un ultimo volo in sella al fido angelo/cavallo alato, et voilà, un'altra stella luminosa brilla in cielo.
Meno, molto meno, brilla quella di un Colin Farrell ai minimi termini, bamboleggiante come non mai (del resto il ragazzo è fatto così: alterna ottime prove ad altre pessime), mentre fa senz'altro miglior figura Russell Crowe che pare divertirsi un mondo ad interpretare il cattivo della situazione. Molto bella e sensuale Jessica Brown Findlay, non molto credibile però nei panni di una malata terminale di consunzione. Gli altri attori galleggiano da par loro, con la piacevole sorpresa del cameo di Eva Marie Saint, l'indimenticata Eva Kendall di Intrigo Internazionale.
Musiche pompose, "a tema" (con cui Brahms stona non poco), effetti speciali  per nulla speciali, messa in scena convenzionale e uno script scadente e sbrigativo (opera dello stesso Akiva Goldsman, già autore tra gli altri, per dire, di A Beautiful Mind, e che qui fa il suo esordio alla regia), completano il quadro alquanto negativo, sebbene le atmosfere e la fotografia non siano affatto da buttare (i paesaggi innevati sono una garanzia).

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