Regia di Maciej Pieprzyca vedi scheda film
I film sulla disabilità sono fra i più complicati da realizzare: se sei un idiota, un regista inutile, scivoli inesorabilmente nel melodramma, nella lacrima facile, nella rappresentazione della disabilità come fenomeno da baraccone. Ci vuole grande sensibilità, la capacità di fermare l'immagine quando è necessario e, perché no, la giusta, sacrosanta rabbia nel raccontare la storia. Tutto questo, il polacco Pieprzcya lo sa e costruisce un'opera perfetta sotto questo punto di vista, una lezione di equilibrio, una danza a tratti persino leggiadra, persino divertente, mentre la vita di Mateusz, nato nella Polonia di fine comunismo degli anni ottanta, affetto da paralisi cerebrale, viene raccontata passo a passo, suddivisa in piccoli capitoli. Storia vera, naturalmente, di un ragazzo considerato oltre che, evidentemente, disabile fisico, anche completamente incapace d'intendere, praticamente un vegetale. In realtà Mateusz era pienamente cosciente, molto intelligente e costruiva dentro di sé la sua immagine del mondo, osservando la gente e le stelle, passione trasmessa da un padre meraviglioso. Dopo 26 anni qualcuno si è accorto che era capace di intendere e di comunicare e tramite un codice di segni, oggi, è una persona relativamente integrata. Curiosa, poi, la passione per le tette, attraverso le quali, cosa divertentissima, catalogava le donne che incontrava. Vedendole quasi sempre obbligatoriamente dal basso, era un simpatico espediente per non impazzire del tutto. Ovviamente non mancano i momenti strazianti e commoventi, i tipici episodi da lacrima, ma sono inevitabili in situazioni come queste e per nulla gratuiti o buttati lì per vendere kleenex. Un film molto bello, con degli attori straordinari, soprattutto Dawid Ogrodnik nei panni di Mateusz, che appare nei titoli di coda. Grande sorpresa dal cinema polacco.
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