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Yuri Esposito

Regia di Alessio Fava vedi scheda film

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La recensione su Yuri Esposito

di OGM
8 stelle

Elogio della lentezza. Di quella estrema, patologica, che rende impercettibile il passo ed indecifrabili le parole. Yuri, che oggi è sposato con Lucia e sta per diventare padre, ne è affetto dalla nascita. Un fenomeno organico misterioso, quando era ancora molto piccolo, ha frenato per sempre la sua vita, in tutti i suoi risvolti pratici, motori, fisiologici e verbali.. Solo un’iniezione quotidiana di vaccino antipolio può, perlomeno, arrestare l’evoluzione della malattia. Yuri, per il resto, conduce un’esistenza normale, ha un lavoro appagante e pratica uno sport nel quale può coltivare ambizioni da campione. Andare piano, infatti, è un indiscutibile vantaggio se si tratta di restaurare un dipinto oppure resistere a lungo sott’acqua. Il film diretto da Alessio Fava e sceneggiato da Leonardo Staglianò descrive la quotidianità del protagonista rivestendola inizialmente del fascino poetico della rarità controcorrente, poi inquadrandola come fonte di dilemmi esistenziali e problemi relazionali, ed infine riscoprendola nella sua naturale singolarità, che si sottrae ad ogni giudizio e va accettata per quella che è. La diversità, quando è congenita ed immutabile, finisce per consolidarsi anch’essa come norma: cercare di cambiarla con un intervento esterno, mediante strumenti artificiosi e sperimentali, come quelli forniti dalla ricerca medica, produce un disagio destinato a sovvertire gli equilibri costruiti nel corso degli anni, apponendo il fastidioso marchio dell’anomalia a ciò, fino a quel punto, era stato serenamente vissuto come caratteristica dell’essere. Yuri prende sempre e solo se stesso come termine di paragone: non ha il vizio di confrontarsi con gli altri, perché effettua ogni scelta solo dopo aver attentamente guardato il proprio volto allo specchio. La decisione di tentare una terapia che potrebbe donargli la velocità è maturata sulla scia di un senso di inadeguatezza, innescato dall’annuncio dell’imminente nascita di un figlio: in Yuri scatta improvvisamente la voglia di crescere, per non rimanere indietro rispetto all’evoluzione che sta interessando la sua famiglia. Il suo errore consiste nel ritenere che l’auspicato miglioramento personale possa passare attraverso la modifica di un connotato fisico, che altera la sua interfaccia col mondo, senza però aggiungere nulla alla sua capacità di amarlo, comprenderlo e farne il teatro dei propri sogni. Nonostante la cura, Yuri non cambia il proprio modo di sentire, e tutto ciò che lo circonda rimane comunque uguale; accelerare i movimenti ha come unico effetto quello di interrompere un’abitudine, ossia la pacifica convivenza con i propri limiti, che egli aveva ormai imparato a controllare e, all’occorrenza, a convertire in potenti risorse. Yuri non è più quell’individuo che aveva saputo scavarsi, all’interno di un universo aggredito da un’anonima frenesia di massa, una nicchia di orgogliosa inerzia, seguendo un nobile culto della gradualità in grado di sfidare il generale spirito di competizione. La mossa vincente, per una volta, è restare all’interno dei confini disegnati dal destino e rafforzati dal tempo. Il divenire può rivelarsi una diabolica alchimia che sfugge di mano. La vera magia è nel difetto che si piega, docile, all’imperfezione della realtà; ed è la bellezza nascosta nella storia di un ritratto che si osserva, continuamente, per verificare la propria identità o tenere d’occhio la sua trasformazione, sullo sfondo di un io che soffre, desidera, si perde ed infine si riconcilia saggiamente con se stesso.

 

 

Questo film è uno dei dodici progetti selezionati per l’edizione 2013/14 del laboratorio Biennale College – Cinema, dedicato ai registi esordienti.

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