Regia di Massimiliano Zanin vedi scheda film
Un trasparente ritratto dell'uomo e dell'artista, realizzato attraverso testimonianze di attori, critici e letture fuori schermo di "teorie etiche ed estetiche" che stanno alla base di una cinematografia "alta" ma ghettizzata, per quanto sinceramente erotica.
Formatosi artisticamente al fianco di celebri nomi della "nuova onda" cinematografica (Nouvelle Vague) vincolata dalla frequentazione della Cinémathèque française - nonché assistente di Alberto Cavalcanti, Roberto Rossellini e Joris Ivens - Tinto Brass esordisce come regista nel 1963 con un'opera (In capo al mondo) che entra subito in contrasto con la censura, tanto da dover essere ripresentata per ottenere il nulla osta (senza modifiche grazie a un contestuale rilassamento delle restrizioni, ma con cambio di titolo in Chi lavora è perduto). La risonanza mediatica del fatto contribuisce a rendere sin da subito celebre il nome del regista, anche se in questo primo periodo è osteggiato dai revisori per contenuti "rivoluzionari", essendo le prime opere del tutto prive di contenuti erotici quanto invece espressione di lucida e sensata critica diretta poco velatamente al "Potere" e alle istituzioni. I suoi primi lavori mostrano una chiara cifra stilistica, essendo già del tutto personali e proiettati avanti nel tempo per concezione cinematografica (montaggio, sceneggiatura, tematiche affrontate). Dopo aver declinato la direzione di Arancia meccanica per realizzare L'urlo (1968), Brass lentamente si orienta verso l'erotismo (Nerosubianco, 1969) genere nel quale diventa indiscusso maestro restandone legato senza soluzione di continuità, similmente a quanto - nel thriller e horror - farà Dario Argento.
"Il sesso, la materia sessuale, non ha minori valenze culturali di qualunque altra materia: dell'impegno politico, della filosofia, della storia, della matematica, della scienza. È la cultura. Perchè, in definitiva, il sesso in natura che cos'è? Non è niente, non significa niente, non ha nessun significato. È solo la più splendida fonte di piacere che sia stata elargita agli esseri umani. La cultura poi è intervenuta a modificare, a deformare, quella che era questa forma di energia in una mostruosa macchina della follia: generatrice di tabù, di angosce, di paure, di frustrazione. Come? Attraverso le leggi, i comandamenti, i precetti."
(Tinto Brass)
"Secondo me il fatto su cui si fonda la sua anomalia (riferito a Tinto Brass, n.d.r) consiste nell'avere applicato il sublime dello stile a un tema che la cultura dominante in questo paese considera basso. Questo cortocircuito fra uno stile, un linguaggio alto, che sfiora proprio i picchi alti del sublime del linguaggio cinematografico, applicati al culo (...) fa sì che Brass sia stato perennemente ghettizzato, emarginato, come il regista del culo. Come se il culo fosse la parte peggiore e più ignobile e detestabile delle persone, del corpo umano."
(Gianni Canova)
Massimiliano Zanin dedica un doveroso omaggio al cineasta milanese (ma di adozione veneziana), chiamando a testimoniare critici (Manlio Gomarasca, Gianni Canova, Marco Giusti), attori (Gigi Proietti, Franco Nero), attrici (Serena Grandi, Adriana Asti, Helen Mirren) e altre importanti personalità del mondo cinematografico. Ne esce un ritratto sincero, un affettuoso e meritato affresco su un'Artista che ha trattato con coerenza una tematica ritenuta ingiustamente "inferiore" ma messa in scena - per dirla alla Gianni Canova - "con un linguaggio cinematografico di alto stile, che sfiora i picchi alti del sublime."
Citazioni (Tinto Brass)
"Il culo è lo specchio dell'anima. Non è solo una boutade del celebrare il culto del culo - al quale molti sono devòti - ma è anche la sintesi poetica di un preciso progetto etico, estetico e filosofico, che vede nel culto estremo dello stile la zattera di salvataggio a cui aggrapparsi nella deriva del mondo moderno. È il salvagente con cui sottrarsi alle brutture della realtà, alle menzogne e alle ipocrisie delle autorità, trovando infine un senso al non senso dell'esistenza."
"L'arte esprime ciò che la società reprime ma, per non cagare in miseri luoghi comuni tristi stronzetti estetici, il culo non può nascondersi dietro il farisaico escamotage dell'erotismo, grazie al quale la cultura rimuove la componente animale del sesso; il culo non può anteporre alla bellezza il piacere, le mistificazioni dell'anima alla verità animale che apre il cammino al godimento. Il culo non può che essere pornografico, non può che esibire senza vergogna, con il compito dichiarato di difenderci fino alla morte dal pudore, dall'onore, dalla castità, dalla fedeltà, dalla verginità e da tutte le altre folli virtù inventate dal Potere, per farci vergognare dei nostri istinti naturali, reprimendoli e sopprimendoli affinché il potere stesso possa continuare imperterrito a fotterci e a incularci."
"Il culo è il formidabile grimaldello espressivo, stilèma semantico, sinonimo di gioia e non di colpa e dannazione, eversivo deragliatore ideologico degli aberranti valori consacrati, dell'ordine costituito, allegro e giocoso vessìllo di rabbia, rivolta, ribellione, provocazione, scandalo, dissacrazione. La sua parola è: libertà; la sua immagine: verità; La sua essenza: anarchia."
"Sontuoso mappamondo a cuore rovesciato, di due emisferi gemelli, solcato nel mezzo dal più invitante dei sorrisi, che avvalla profondo verso il burrone della mia perdizione, invito e promessa di paradisiache delizie. Forma ch'è pura ed arrotondata, dove si insella l'arco delle reni e nella màn che ti ricerca abbondi..."
(Elogio del culo)
Video soggetto a limiti d'età
F.P. 14/11/2021 (durata: 94'02")
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