Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film
LEONE NERO al COURMAYEUR NOIR IN FESTIVAL 2014
Claustrofobia, inganno, avidità, ma soprattutto voglia di sopravvivere, di tornare a respirare in spazi aperti che si estrinsecano nel ricordo di intimità familiari gioiose perdute per sempre, giocate in una cornice paradisiaca di una spiaggia sabbiosa che identifica il paradiso dei sensi.
Black Sea segna l'affascinante, incalzante, avvincente ritorno in regia del bravo regista de La morte sospesa e di L'ultimo re di Scozia, in un prodotto di genere che non rinnega luoghi comuni e fobie arcinote ma sempre terrificanti, e dunque seducenti, ad essere rappresentate e vissute con l'occhio da spettatore.
Uno stimato capitano di sommergibili viene improvvisamente licenziato, senza motivazioni apparentemente plausibili se non per confuse ragioni economiche, dalla compagnia per la quale lavora di oltre undici anni.
Neanche il tempo per assimilare la tragica notizia ed organizzarsi, che una proposta assurda quanto allettante, intrigante quanto rischiosa, gli piove sul piatto, di colpo da quel momento tragicamente vuoto di opportunità: recuperare un bottino in lingotti d'oro che giace negli abissi del Mar Nero all'interno di un sommergibile russo inabissatosi in quei fondali tetri e inospitali.
Un po' per mancanza di alternative, un po' perché la posta in gioco è alta e prevede per ogni membro della spedizione due milioni di dollari di compenso – una cifra che permetterebbe all'uomo di recuperare i rapporti con una famiglia che lo ha abbandonato a sé stesso e al suo lavoro “sottomarino” - fatto sta che il capitano accetta di condurre a termina la missione, con un equipaggio misto di occidentali e russi che stentano a capirsi, a tollerarsi, almeno modo tradizionale che non sia quello del lavoro che li impegna.
Manco a dirlo ma il piano, già impegnativo sulla carta, si rivela un gioco mortale senza ritorno, un disegno diabolico e tendenzioso di una multinazionale volto ad ottenere il massimo dei risultati, col minore dei sacrifici: le vite di un gruppo di reietti che ormai non contano più a nulla e rischiano di fare la fine del topo, imprigionati in un sofisticato tubo d'acciaio nelle profondità tetre e quasi lunari di un abisso marino.
Mc Donald gioca saggiamente e molto presto la carta del rapporto umano, del conflitto di classe, di razza, della difficoltà che una lingua differente e delle tensioni frutto di atteggiamenti prevenuti, nonché il sospetto, la bassa considerazione reciproca da parte di due civiltà da sempre in antitesi una con l'altra, genera in un microcosmo che invece dovrebbe collaborare attivamente per affrontare le ordinarie difficoltà e tutto ciò che si presenta innanzi ai nostri sventurati marinai.
La febbre dell'oro, l'avidità che vince e prevale su ogni altro sentimento e punto di vista, modifica i caratteri e le attitudini e anche la saggezza e la predisposizione al dialogo lasciano spazio alla fine al desiderio di onnipotenza che il tesoro nascosto instilla nelle menti.
Black Sea è un film di genere onesto, classico e non certo originale, forse un po' retrò, ma generoso e corretto nella gestione e nel dosaggio di una suspence che cresce di pari passo con l'evolversi, anzi il complicarsi, della vicenda, e con l'assottigliarsi scadenzato e quasi ritmico dei superstiti di quella che diviene più in generale, e quasi metaforicamente, un'odissea tragica dell'avidità e della lotta alla sopravvivenza. Tematiche antiche, classiche, universali, ma anche molto attuali, appropriate ai costumi di una società più che mai affamata di potere e di dominio, elementi indispensabili per accedere al potere e alla ricchezza.
Valori tutt'altro che superati soprattutto oggi, nel mondo moderno che evolve in tecnologia e sviluppo, ma rimane sostanzialmente legato a regole e logiche primordiali che - mescolate a quelle del profitto a tutti i costi e a beneficio a vantaggio di pochi eletti - non ci distanziano né differenziano molto per ferocia e crudeltà di chi ci ha preceduto nella lunga storia di una umanità, tutta lotte e sopraffazioni dei più spregiudicati e cinici a danno dei più deboli ed onesti.
Un Jude Law sempre più orgogliosamente stempiato, è la star, motivata e convinta, letteralmente posta al comando di un equipaggio di validi caratteristi già visti e spesso apprezzati in molte occasioni: tra costoro citerei Ben Mendelsohn, viscido e infido come il più pericoloso dei rettili, ma anche membro dell'equipaggio dall'utilità imprescindibile, così come pure il codardo Scott Mc Nairy, corrotto lecchino al soldo delle lobbies senza scrupoli, mentre il ruolo dell'onesto ed esperto motorista viene reso con realismo e perfetta fisiognomica dal volto noto e un po' scanzonato di Michael Smiley.
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