Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film
Oltre ogni conciliazione, il rapporto tra uomo e natura scatena reazioni conflittuali che il cinema ha imparato ad utilizzare in maniera convergente. In tale direzione si muove “Black Sea” di Kevin Macdonald, autore particolarmente votato al cinema di genere e con una certa dimestichezza con il tema in questione, per aver diretto un film come “Touching the Void”, incentrato sull’epica scalata di un massiccio inespugnabile. Sarà forse per questo che, dopo una serie di opere a dir poco sfortunate ( “How I Live Now” è comunque da recuperare) Macdonald ha deciso di tornare alle origini, con una storia che esplora ancora una volta i limiti dell’umano, raccontando la vicenda di un tesoro sommerso e il tentativo di impossessarsene da parte di “una sporca dozzina”. “Black Sea” si mantiene lontano dalla vocazione documentaristica del regista, accentuando la dimensione avventurosa di un'impresa, complicata da una serie d’imprevisti tecnici (il sottomarino in cui si muovono i nostri è vetusto e sorpassato) e ambientali (il fondo del mare come le vette della montagna riserva pericoli e sorprese) e puntando i riflettori sugli aspetti meno razionali della vicenda, scaturiti dalla convivenza forzata dei protagonisti e dalla presenza dell’ambiente naturale, chiamato – come allude il titolo - a scatenare le forze più oscure dell’animo umano.
Da una parte quindi, il rispetto dei codici di genere, messi in campo quando si tratta di raccontare il percorso ad ostacoli affrontato dalla ciurma; dall’altra, la gestione del viaggio interiore, stimolato dall’enigmatica vastità degli spazi marini. Un binomio a cui Macdonald tiene testa con disinvoltura d’autore, alternando momenti di pura recitazione – con la star Jude Law a tenere testa ad una schiera di bravi caratteristi –, a inserti di cinema action, chiamati a bilanciare le pause di riflessione che ogni tanto la storia si concede. A mancare è invece la sceneggiatura, efficace quando si tratta di definire scenario e personaggi e invece debole nell’organizzare una drammaturgia all’altezza delle sue premesse. A prevalere è un pragmatismo sin troppo scontato, con una tema importante come quello del male assoluto (il tesoro appartenuto ai nazisti) tirato in ballo e poi dimenticato, e una resa dei conti frettolosa e semplicistica. Per non dire dei riferimenti alla questione Ucraina, richiamati dalla decisione di collocare la vicenda nei territori interessati dal conflitto bellico ma destinati a rimanere tali per mancanza d’interesse.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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