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Pelo malo

Regia di Mariana Rondón vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Pelo malo

di EightAndHalf
7 stelle

Nelle verità periferiche di Caracas il cinema realistico viene fuori da solo, semplicemente osservando l’immensa superficie ricca di balconi di numerosissime case popolari, in cui si incrociano tante vite, palchi teatrali retrocessi ad appartamenti spogli e carichi di rassegnazione. Non si distanzia troppo da questi l’abitazione del giovane protagonista Junior, che abita con la madre e con il fratello più piccolo. Ma Junior non è rassegnato, cerca una nuova libertà, divenendo il centro di un’avvincente storia profondamente problematica che vede il ragazzo desideroso di rendere realtà un suo desiderio infantile, quello di assomigliare a un cantante pop in occasione della foto che deve realizzare per poter essere ammesso a scuola. A questo scopo, Junior desidererebbe lisciarsi i capelli crespi e indossare un dato indumento il più possibile vicino al suo modello. Riprendendo una tradizione più che decennale del cinema sull’infanzia, e con piccoli evidenti riferimenti al neorealismo italiano alla De Sica o anche alla Rossellini, la Rondòn celebra il rimanente immaginario di un bambino costretto a crescere troppo presto, sulla scia dell’educazione severa e paradossalmente bigotta di una madre impaurita dall’idea dell’avere un figlio con particolari orientamenti sessuali. Sebbene non venga mai esplicitamente dichiarato ma solo sottilmente inteso (l’attrazione di Junior per uno dei ragazzi di quartiere), il fattore dell’omosessualità potenziale è solo un punto di partenza per rivelare come la ricerca della libertà spesso spinga a contrasti anche violenti e catastrofici con i propri familiari, carnefici forse necessari per assumere coscienza, certo fautori di una sofferenza indicibile e mal sopita, che si esprime in pianti, scoramenti e vana disperazione.

 

Il rapporto fra figlio e madre è trattato con grande attenzione dalla Rondòn, che non vuole né sfociare in crudeltà esagitata né in compiacimenti morbosi: tra Junior e Marta c’è l’operazione inversa dell’incesto, il distacco più totale, un risentimento tale da sfiorare l’indifferente noncuranza. Marta non vive volendo bene al figlio, ma costringendolo ad una direzione che lei possa accettare, e che non risenta di una timorata debolezza in realtà non necessaria. Junior diventa lo sfogo di Marta per l’assenza di un marito e di una figura maschile, tanto che a questo lei associa la possibile omosessualità del figlio. E non solo Junior diventa “oggetto plasmabile”, ma finisce per essere addirittura costretto a vedere ciò che non va visto, e a vivere una prigionia che non va mai vissuta. Infatti la madre praticamente lo obbliga a osservarla mentre ha un rapporto carnale con un uomo, nella speranza di poter impiantare nel figlio, come un concetto scolastico o un contenuto nozionistico, il “giusto orientamento”. Ma il figlio saprà risponderle a tono, poco prima del finale:

 

<<In questa casa siamo tutti costretti a guardare! Il piccolo guarda, io guardo, adesso devi guardare anche tu!>>, dimostrando una maturità non proprio di un enfant prodige ma di un essere umano cui, a qualunque età, viene tolta la libertà di essere ed esistere. Fondamentale poi il ruolo della nonna, che lo spinge nella direzione diametralmente opposta a quella cui lo spinge la madre, costringendolo ad una data libertà e non alla libertà cui lui aspira, come a dire che libero non dev’essere solo l’obbiettivo, ma anche il percorso per arrivare ad esso. Da qui il finale, un compromesso allucinante, per cui lui, rasato e finito a scuola irrigidito da una divisa troppo stretta, sarà stato probabilmente “venduto” alla nonna dalla stanca e lamentosa madre. Vivendo da lontano il suo sogno, tracciato imperscrutabile nei titoli di coda.

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