Regia di Fernando Eimbcke vedi scheda film
Il Torino Film Festival si dimostra, ancora una volta, molto discutibile nelle scelte dei suoi vincitori. Festival dell'autorialità per eccellenza, non che sia un male, tende sempre a privilegiare piccoli film dal respiro molto flebile, un Cinema dell'estetica prima che dei contenuti. "Club Sandwich" non esce da questi schemi, vince a Torino nel 2013, ovviamente non viene distribuito in Italia, non c'è spazio per queste pellicole, e lo si può recuperare grazie al lavoro di sottotitolatura di un pugno di ragazzi volenterosi: tutto molto bello. Venendo al film del messicano Eimbcke, ho poco da aggiungere a quello sopra scritto: è un film girato molto bene, con grande attenzione alle inquadrature, alla fotografia, con bravi attori, ma che muore lentamente, invece d'aprirsi man mano, soffocato dalla sua eccessiva geometria, dalla sua eccessiva ricerca estetica, dal suo immobilismo, dal suo essere fin troppo desaturato. La storia è minimale: una madre, un timido figlio adolescente, i primi turbamenti fra amore e sesso, una timida ragazzina che approccia, una piscina, una vacanza solitaria, il racconto, evidentemente, adolescenziale. Tutto qui. Un'ora e mezza di (begli) sguardi, di piccoli gesti, di cose taciute, di porte che si aprono e che si chiudono. Film di grande sensibilità, per carità, ma a cui manca il ferro nel sangue, è anemico e congelato. Potrebbe, in qualche modo, rimandare al cinema di Seidl, ma del grande maestro austriaco non ha la capacità di scardinare la vita, o, chissà, molto più probabilmente a Eimbcke non interessa farlo. Nient'altro da aggiungere: il tipico film da Festival che non vedrà mai nessuno.
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