Regia di Frank Capra vedi scheda film
La follia non è una malattia; è, piuttosto, un'inevitabile variante nell'universo dell'umanità, una delle tante libertà creative che madre natura si concede. E il folle, pur nella sua pericolosità sociale, può suscitare finanche simpatia, per via di quella innata lente deformante con cui guarda alla realtà, e che lo rende un'inconsapevole caricatura di una surreale forma di egocentrismo. La tara comune ai componenti della famiglia Brewster è un'esagerata percezione del proprio ruolo nel mondo: questa li fa sentire esclusivi detentori di una missione di vita e di morte, alla quale si dedicano con un'industriosità incredibilmente lucida e dai tratti grottescamente solenni. Ma spesso ciò che è platealmente inverosimile viene automaticamente rimosso dalla ragione; l'anormalità, in questo film, è il classico elefante nella stanza, un'enormità che, paradossalmente, nessuno pare in grado di vedere. Buona parte delle gag di questa commedia è basata sulla cecità di fronte all'evidenza, sull'inconscio ostruzionismo che la nostra mente continuamente opera su tutto con cui non ha voglia di impegnarsi. Ecco quindi che all'iperattività del cervello psicopatico corrisponde la pigrizia di quello sano, apparentemente inamovibile dal circuito delle sue consuetudini. Fa eccezione il protagonista Mortimer, che dunque diventa l'eroe della storia, semplicemente in virtù della sua capacità di capire ed affrontare le situazioni in maniera schietta e diretta, prendendo alla lettera tutto ciò che gli si presenta di fronte agli occhi. "Arsenico e vecchi merletti" è la coreografica raffigurazione di una società retta dall'individualismo, in cui ognuno è fatto a modo suo, bada ai fatti propri e va per la sua strada, non sapendo che razza di bizzarra confusione ciò comporti.
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