Regia di Boris Ingster vedi scheda film
E' piccolo capolavoro, piccolo nel senso della durata. Oltre che a una narrazione serrata e senza smagliature, è un concentrato di tematiche tutt'altro che di poco conto: innocenza, colpevolezza, i pregiudizi, il sensazionalismo dei giornali, la superficialità e il qualunquismo di certi processi, la coscienza che morde inesorabile, anche quando cerchiamo di giustificarci... Qui è la fidanzata del protagonista a stimolargliela e a costringerlo a non scendere a compromessi con l'ingiustizia. Sono molto effcaci anche le inquadrature notturne negli interni, col reticolo di ombre che ingabbia e incombe sui personaggi. Peter Lorre è proprio il tipo da inerpretare lo psicopatico, l'assassino, il pazzoide... Il messaggio del film pare essere che, senza nulla togliere alla giustizia, dobbiamo guardarci bene dal lapidare l'altro sentendoci perfetti, anche se si è macchiato di un crimine, perché magari noi avremmo fatto altrettanto se solo ci fossimo trovati in quella situazione. Il protagonista, ad es., ha desiderato di uccidere il vicino di casa antipatico, il che, dal punto di vista morale, è quasi come se lo avesse fatto veramente. Lo stesso assassino non è completamente cattivo, e ha come attenuante i trattamenti disumani ricevuti al manicomio. Insomma un film di valore, il quale oggi purtroppo può solo sperare di essere pescato fuori da Ghezzi & Co., poiché viene altrimenti bandito dai sciocchi criteri che seguono i programmatori TV.
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