Regia di Francesco Bruni vedi scheda film
«Mi sembra che sia finito tutto troppo presto», confida Ksenia Rappoport all’amica Milena Vukotic: si riferisce alla gioventù, alla bellezza, e alla felicità che nel giugno romano sembrano miraggi sotto il sole. Separata dal marito artista farfallone, detestata dalla figlia maggiore aspirante attrice, sopportata amorevolmente dal minore che affronta l’esame di terza media, si alza prima del suono della sveglia con la razione giornaliera d’ansia necessaria a tutti i membri della (ex?) famiglia. Bruni, alla sua opera seconda dietro la macchina da presa, moltiplica per due l’asimmetria padre/figlio di Scialla! e mette in scena un nucleo parcellizzato, sparso per una metropoli che rispecchia la loro disfunzionalità, la loro chiusura, la loro cocciutaggine: si muovono fra il cantiere della linea C metropolitana, l’occupazione del Teatro Valle, un ristorante cinese dove gli italiani non sono visti di buon occhio perché hanno poca voglia di lavorare («ma io sono mezzo russo» si giustifica soddisfatto il piccolo Giacomo/Francesco Bracci Testasecca). Il regista tenta, spesso troppo programmaticamente, di smontare il cliché della commedia familista nostrana (quando Gifuni, al volante, si lancia coi pargoli nel ritornello di Dancing in the Moonlight, la Rappoport sbuffa «no eh, la cantata in macchina no!»); ma del sodale Virzì gli manca l’amarezza, e pur di far andare giù quell’ovo sodo in gola, moltiplica i finali fino a ottenere la giusta ampiezza di sorriso.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta