Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
Lo specchio è un oggetto molto particolare, quella stessa prerogativa che lo rende indispensabile (riflette le immagini e dunque consente alle persone il controllo del proprio aspetto) ne determina una valenza di inquietudine. Quella capacità puramente ottica di riflessione della figura assume connotati metafisici e sembra renderlo in grado di acchiappare l'anima di chi per troppo tempo si ferma a guardarsi .
Non è un caso che nella tradizione popolare la rottura di uno specchio sia un evento in grado di arrecare sventura, la rottura fisica dell'oggetto diventa il possibile danneggiamento di chi vi ha riflesso la propria immagine. Ma lo specchio assume anche un significato come portale di accesso ad altri mondi, punto di collegamento fra dimensioni parallele.
Inevitabile dunque che anche la cinematografia abbia usato le caratteristiche di mistero legate allo specchio per raccontare storie in cui esplorare i meandri dell'animo umano, pensiamo giusto per fare un esempio recente a Il Cigno Nero di Darren Aronofsky.
Il tema dello specchio è alla base anche di questa interessante pellicola firmata da Mike Flanagan, che partendo da un proprio spunto già utilizzato per un cortometraggio realizza un horror di qualità, che riesce a distinguersi da una massa di produzioni che troppo spesso rasentano il limite della mediocrità.
Merito, tra l'altro, della non comune capacità narrativa del regista che utilizza con grande abilità l'escamotage di far scorrere la vicenda su un doppio piano temporale, cosa che se all'inizio può recare un po' di sconcerto nello spettatore, si rivela progressivamente un'arma vincente, creando una giusta miscela di tensione, angoscia e inquietudine.
Kaylie (Karen Gillan) e Tim (Brenton Thwaites) sono due fratelli la cui infanzia è stata segnata da una tragedia dai contorni allucinanti, per la quale era stato incolpato lo stesso Tim, internato di conseguenza in manicomio .
10 anni dopo, allo scoccare del suo ventunesimo compleanno, il ragazzo viene considerato guarito e in grado di affrontare così quello che dovrebbe essere il tentativo di avvio a una vita normale, aiutato in questo dalla sorella che nel frattempo è diventata una splendida, giovane donna, con un lavoro in una casa d'aste.
Peccato che proprio l'amorevole sorellina distruggerà le certezze del ragazzo ricordandogli l'esistenza di una sorta di patto stipulato in occasione dei drammatici eventi di tanti anni prima, e cioè quello di stanare ed eliminare ciò che aveva causato la distruzione della loro famiglia.
Secondo il racconto di Kaylie, infatti, la follia del padre e della madre, che aveva scatenato la serie di accadimenti tragici culminati proprio con la morte dei due, era dovuta alla presenza di uno specchio maledetto, vettore di forze oscure che avevano infestato la casa e le menti dei due malcapitati genitori. Comincia così un duello serrato fra i due, con Tim che nega la presenza di una componente malvagia attribuendo a ogni evento una spiegazione razionale (come gli era stato “inculcato” dai medici che lo avevano in cura) e Kaylie che riporta a galla tutti i ricordi sepolti nella memoria del fratello sotto lo strato creato dalle cure psichiatriche.
E così alle vicende odierne dei due ritrovati congiunti che affrontano lo specchio e, soprattutto, i suoi influssi nefasti, nella casa dove avevano vissuto con i genitori, si affiancano i continui flashback che portano alla luce il delirio terribile che aveva devastato la famiglia. Specchio che la bella ed incauta Kaylie aveva scovato grazie al suo lavoro di esperta di antiquariato e aveva ricollocato nel luogo della tragedia di dieci anni prima, convinta di poter sconfiggere l'entità maligna lì rinchiusa.
Oculus non punta su effetti particolarmente sanguinosi, anche se non manca qualche scena più disturbante, piuttosto sull'introspezione psicologica dei vari personaggi coinvolti, ognuno impegnato ad affrontare i propri demoni interiori. L'inquietante specchio, chiuso nella sua cornice di legno nero, sembra riuscire a far emergere le angosce e le parti più oscure dell'animo, come del resto lascia intendere una frase del padre di Kaylie e Tim (“ho conosciuto i miei demoni, ne ho molti....... Ho visto il diavolo...... lui è me”).
Un elemento che colpisce positivamente è la capacità del regista di non usare lo specchio come mero espediente narrativo ma di porlo al centro della storia. E in realtà, nonostante la bravura dei protagonisti, in particolare della già citata Karen Gillan nel ruono di Kaylie e di Kathee Sackoff in quello della madre, il vero protagonista della pellicola è proprio lo specchio.
Sconsigliato se la vostra immagine riflessa vi crea angoscia!
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta