Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
Due giovani fratelli, appena dimesso da un ospedale psichiatrico lui ed impiegata in una casa d'aste lei, sono ossessionati dalla morte dei genitori, avvenuta anni prima, e che loro attribuiscono al potere malefico di un antico specchio che ha attraversato i secoli cagionando terribili disgrazie ai suoi malcapitati proprietari.
Entrata in possesso del mefistofelico oggetto grazie al suo lavoro, sarà lei a convincere il fratello a rievocare i traumatici accadimenti della loro infanzia, progettando un piano per liberarsene una volta e per tutte e vendicare così la morte dei loro cari. Ma non hanno fatto i conti con una inquietante ed occulta presenza che sembra anticiparne misteriosamente le mosse.
Da un soggetto originale dello stesso Flanagan, già adattato nello short movie 'Oculus: Chapter 3 - The Man with the Plan', il giovane regista di Salem (il che è tutto dire!) si cimenta in un interessante horror indipendente che, nonostante l'apparente banalità del topos letterario (di oggetti stregati e case infestate sono lastricate le strade dell'inferno), sembra brillare dei sinistri e diabolici riflessi di una ispirazione cinematografica che trova negli opportuni accorgimenti della messa in scena e nella sapiente rielaborazione dei riferimenti meta-cinamatografici una sorprendente chiave di volta, capace tanto di generare tensione e attenzione negli spettatori meno smaliziati quanto di carpire l'interesse di più esigenti 'addetti ai lavori'. Laddove una consolidata tradizione narrativa suggerisce il riferimento ad arcani reperti latori di sventure (ed in questo gli specchi la fanno da padrone) e ad una trasmissione orale che rimanda all'inquientante esoterismo della provincia americana più profonda e misconosciuta, si inserisce il discorso di un film che se da un lato riflette la deriva pseudo-documentaristica più recente (dal capostipiste BWP ai vari Paranormal Activity e REC) dall'altro sembra aver metabolizzato gli elementi più suggestivi di una riflessione sul cinema tutt'altro che banale e scontata, ripescando nel torbido di quel repertorio artigianale in cui l'inquietudine nasce dall'inconoscibile o dalla insinuante mistificazione della percezione sensoriale della realtà (sogno o son desto?). Costruito attraverso un montaggio che articola una dialettica tra il tempo della memoria e quello di un presente di orrifici dejavù, il film di Flanagan contrappone diabolicamente il dubbio sulla sanità mentale dei suoi protagonisti e l'analisi razionale di eventi sovrannaturali, combattendo ad armi impari la lotta con un maligno che è, per sua stessa definizione, subdolo ed ingannevole e recuperando in un sol colpo le geniali intuizioni che portano dalla trasmutazione quantistica di un satanasso che attraversa lo specchio che separa realtà parallele ('Il Signore del Male' - J.Carpenter 1987) alle allucinazioni psicocinetiche di spiritelli burloni alle prese con l'amena tranquillità della famiglia americana davanti al focolare domestico di uno specchio catodico ('Poltergeist - Demoniache presenze' - Tob Hooper 1982). Un piccolo ma significativo contributo ad un cinema horror che, nonostante continui a ciurlare nel manico degli stessi luoghi comuni, si conferma come genere teorico per eccellenza capace come pochi altri di mettere in scena l'essenza stessa del discorso cinematografico dove niente, come il riflesso speculare della rappresentazione della realtà, sembra più ingannevole e mendace. Presentato al Toronto International Film Festival nel 2013 è l'esempio di un cinema minore degno di una migliore 'riflessione'.
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