Regia di Mike Flanagan vedi scheda film
In attesa di vederla cattiva e calva (!!) nel più curioso progetto marveliano prossimo a venire, Guardians of the Galaxy, la rossa (super)sexy Karen Gillan, formidabile Amy Pond - compagna dell'undicesimo Doctor Who, affronta un ruolo da protagonista nell'horror a stelle e strisce Oculus.
Se la condizione "terrorizzante" è indotta per mezzo dei soliti modaioli strumenti - quali le apparizioni fantasmatiche, il vociare sussurrante che s'insinua sottopelle obbligando a compiere gesti estremi, incubi vividi e allucinazioni, modesto effluvio ematico, impennate di volume del sonoro - l'aspetto interessante è come ci si arriva, in tale situazione.
Il fattore scatenante è frutto di una volontà ferrea non certo priva di meri propositi di vendetta, a causa del classico evento tragico di anni addietro che ha lasciato segni indelebile sui soli sopravvissuti, due fratelli - lui rinchiuso in una clinica psichiatrica fino al compimento dei ventuno anni, lei in apparenza completamente inserita nel tessuto sociale. È proprio quest'ultima che, recuperato il fratello e soprattutto l'enità maligna (lo specchio), inseguita per anni, decide di dare forma ad una solenna promessa fatta all'epoca della tragedia in cui finirono ammazzati i genitori.
Un esperimento, in pratica. Tanto nella finzione (l'indagine sui generis condotta dalla ragazza con caparbietà e risorse ha natura "scientifica"), quanto del film stesso: la storia procede su una struttura che riflette e sperimenta proprio sui meccanismi che regolano il genere.
Invero, l'impianto - scenico, narrativo, introspettivo, visivo - è regolato su un continuo, concitato, concettuale alternarsi tra opposti. Quello più immediato è nell'intreccio: presente e passato (flashback, ricordi) si avvicendano furiosamente e fondono in un gioco di rappresentazione degli eventi e dei personaggi che sa coinvolgere e creare la giusta tensione ma anche disorientare (non è certo un difetto, anzi, almeno finché non si esasperano i toni).
Ben più sottili, e stimolanti, gli impulsi generati dalla contrapposizione - "totale" e ribaltabile - degli elementi. Ragione e irrazionalità - che convivono negli animi dei due personaggi (l'uno ancorato alla logica, alle "certezze" acquisite - l'altra aderente alle credenze del soprannaturale e del male) -, tecnologia e antico (telecamere, smartphone e computer vs. il pezzo d'antiquariato che pare rivenire da altre ere), infanzia e maturità (i superstiti condividono le scene con se stessi da bambini: le reazioni di fronte ai fatti non cambiano granché, corretta osservazione), verità (supposte, temute, edificate su falsi ricordi e memorie alterate) e allucinazioni multisensoriali (vivide, "in diretta": scherzi della mente manipolata).
La tesi di fondo, infatti - nonché la costruzione medesima del perturbante e dell'orrorifico - poggia sull'idea della mistificazione della realtà: i protagonisti sono completamente immersi in una girandola inquietante e subdola che, di volta in volta, mette loro - e noi che assistiamo - di fronte al dubbio. Quello che loro vivono - e noi vediamo - sta accadendo per davvero? D'accordo, non è chissà quale trovata originale, ma è innervata nel tessuto dell'opera, con un buon senso della composizione.
L'esito complessivo, però, è al di sotto delle aspettative, un po' perché il gioco alla lunga diventa ripetitivo (e quindi noioso), un po' perché talvolta si va fuori fuoco (il padre che ha "visto il diavolo"), un po' per via della insufficiente definizione dello specchio ("riflesso del male" come da sottotitolo italiano, certo, ma appare un po' casuale la sua natura).
Ed un po', infine, a causa di una risouzione forzata ed intuibile anzitempo (laddove sarebbe stato preferibile portare fino in fondo la dimensione onirica e metafisica, magari attribuendo il tutto ad una macchinazione psichica di uno dei personaggi).
Discreta la prestazione degli attori, sebbene siano soggetti ai principi del genere che prevedono tra l'altro modelli caratteriali funzionali e poco altro. Le migliori presenze sono quelle femminili, a partire dalla giovane Annalise Basso (la bambina) fino alla sempre incisiva Katee Sackhoff (nota per la serie Battlestar Galactica, purtoppo poco sfruttata dal cinema) che interpreta la sfortunata madre.
E, naturalmente, Karen Gillan, che rende credibile il progressivo mutare degli stati d'animo del personaggio. Prova superata.
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