Regia di Michael Cuesta vedi scheda film
America, anni 80. La diffusione della droga ha una responsabilità interna: la CIA facilita il traffico dei salvadoregni per destinare i proventi al finanziamento dei Contras, movimento contro-insurrezionale del paese. America, 1996. Gary Webb, reporter del “San José Mercury News”, inciampa in questa sporca storia, raccoglie fatti e testimonianze segrete, li pubblica, vince il premio di giornalista dell’anno. Poi viene screditato, indagato e relegato alla cronaca dei cavalli morti per costipazione. Morirà solo e suicida (o forse no), mentre la CIA ammetterà la propria colpevolezza, quando l’America è impegnata a raccontare i percorsi orali di Bill Clinton e Monica Lewinsky. Non c’è tutto questo in La regola del gioco, ma c’è la solida e asciutta storia di un uomo piegato dagli eventi. Volenterosa spy story di chiacchiere e redazione, antispettacolare e di impianto televisivo (Cuesta viene da Six Feet Under, Dexter, Homeland), ricalca il modello anni 70, ma mostra il lato amaro di quell’epica giornalistica che da Tutti gli uomini del presidente a The Newsroom viene imbottita di eroismo e ottimismo. Che qui lasciano il passo a una riflessione amara, seppur convenzionale, sulla verità e sulle sue conseguenze. Il quadro psicologico del protagonista è efficace per quanto avaro di chiaroscuri, il quadretto familiare semplicistico, ma composto, e non mancano alcune intuizioni felici. Un cinema civile e umanista, dal fiato sicuramente corto, ma dalle idee chiare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta