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Schiavo della furia

Regia di Anthony Mann vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Schiavo della furia

di Ethan01
9 stelle

Un bandito (spesso uscito o evaso di prigione), con al seguito soltanto la propria donna, braccato dalla polizia e possibilmente con qualche vecchio conto da regolare con i suoi ex-soci: un topos molto ricorrente nel noir e sfruttato ripetutamente a partire dagli albori del genere fino ad arrivare ai giorni nostri (tanto per citare qualche esempio illustre, ricordiamo "Una pallottola per Roy" di Raoul Walsh, "La donna del bandito" di Nicholas Ray e, con le dovute differenze, anche "Gangster Story" di Arthur Penn, il quale si inserisce nell'opera di rinnovamento portata avanti dal movimento della "New Hollywood" negli anni sessanta e settanta).

Senza sconfinare in discorsi che in questa sede non ci riguardano direttamente, andiamo ad occuparci invece di ciò che realmente ci interessa, cioè di "Schiavo della furia", un magnifico noir diretto nel 1948 da Anthony Mann, uno dei più interessanti registi che Hollywood abbia avuto in quegli anni. Mann è conosciuto soprattutto per i suoi capolavori western degli anni cinquanta, cinque dei quali frutto del suo sodalizio con l'attore James Stewart; ma ancor prima di passare al genere western, negli anni quaranta, Anthony Mann realizzò una serie di notevoli pellicole a basso costo, che già iniziavano a prefigurare il suo futuro talento.

Prodotto da Edward Small, "Schiavo della furia" (in originale "Raw Deal") è un noir serrato e coinvolgente, ricco di intuizioni e spunti originali, e questo nonostante la breve durata (appena un'ora e venti). Il protagonista è il tipico eroe "manniano", in questo caso tormentato da un passato di privazioni dovute alla povertà: è un malvivente, ma non è una figura negativa, è più che altro un antieroe, un "outsider", un soggetto indesiderato dalla società che vorrebbe riscattarsi iniziando una vita nuova in un altro posto. In tal senso Mann rifiuta i facili manicheismi: nessun personaggio nel film è caratterizzato in maniera schematica e le figure principali sono ambivalenti e sfumate, come nella migliore tradizione noir. Anche la rivalità amorosa che si crea tra le due donne, le quali si contendono il protagonista, è affrontata in maniera intelligente e imprevedibile, e ciò non fa che rendere il film ancora più particolare.

Dal punto di vista registico la pellicola è pregevole: la grandezza di Mann è visibile in ogni inquadratura, il film è infatti contraddistinto dal suo stile moderno e palpitante, e ciò è particolarmente evidente nelle sequenze d'azione e nel finale, che sono dei veri e propri pezzi d'antologia. E certe improvvise esplosioni di violenza, come nella scena in cui il capobanda, in preda all'ira, getta dei carboni ardenti addosso ad una ragazza che lo aveva infastidito, lasciano il segno, tra l'altro in un periodo in cui la censura vietava la rappresentazione di scene di violenza giudicate "eccessive" all'interno delle opere cinematografiche.

A parte la ben più famosa Claire Trevor, il cast comprende una serie di attori non molto noti, cioè Dennis O'Keefe e Marsha Hunt (scomparsa pochi giorni fa alla veneranda età di 104 anni), i quali comunque danno delle ottime interpretazioni; indovinatissimi poi alcuni ruoli di contorno, come Raymond Burr nel ruolo del "cattivo", oppure John Ireland, che interpreta uno dei suoi scagnozzi.

Per concludere non si può non citare l'essenziale contributo della bella fotografia in bianco e nero di John Alton, che Mann sfrutta con consumata maestria.

Misconosciuto e in genere meno considerato rispetto ad altri film di Anthony Mann, "Schiavo della furia" è invece una pellicola che merita una riscoperta e va assolutamente annoverata tra i capolavori del suo regista.

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