Regia di Marilyn Manson vedi scheda film
Con l'uscita di The golden age of grotesque, nel 2003, Marilyn Manson decide di mettersi alla prova come regista e gira questo cortometraggio in totale linea estetica con gli standard dei suoi precedenti videoclip: le ombre sormontano le luci, belle ragazze discinte in pose sensuali, maschere e provocazioni (il cantante è vestito in plateale maniera nazista) assortite. A dirla tutta, oltre a non esserci nulla di nuovo, c'è anche tanta noia in Doppelherz (doppio cuore in tedesco, ma tutto l'album è improntato a ricalcare l'iconografia nazista, fin dal nuovo logo che consta di un MM terribilmente somigliante a un'accoppiata di svastiche); Manson è ormai una star planetaria da vari anni e non fa più paura a nessuno, così come questo video, a conti fatti, non contiene alcun tipo di elemento particolarmente disturbante: nè sangue, nè sesso, nè effettiva violenza. Accettabile tutt'al più come esperimento quasi-cinematografico in alternativa a (o addirittura a sostituire) la futura carriera musicale del cantante. Fortunatamente, comunque, così non è stato: dopo Doppelherz infatti Manson non si cimenterà più dietro la macchina da presa. Fra gli interpreti qui troviamo la prossima moglie di Manson, cioè la spogliarellista Dita Von Teese, la band che accompagna il cantante (in una breve scena), nonchè suo padre (Hugh Warner) in un cameo e, fra le ragazze seminude, c'è anche la nota pornodiva Aria Giovanni. 4/10.
La popstar Marilyn Manson si cimenta con la regia: come nel suo stile, sono 26 minuti di puro delirio decadente, modelle nude che si strusciano lascive, rumori ossessivi in sottofondo, il buio che prevale sulle poche forti luci e lui, il divo, in completo simil-nazista a osservare quasi annoiato la scena intorno. La sua voce commenta come una cantilena con frasi del calibro di "Do animals believe in God?".
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