Regia di Esteban Crespo vedi scheda film
Ma quello non ero io. Intendo dire, quel bambino che ha sparato ed ucciso. Quella mano non era la mia, perché di un altro era la volontà che la guidava. Io non avevo più famiglia, erano morti tutti, ammazzati da quella maledetta guerra. I miei nuovi fratelli, da quel momento, erano stati i miei compagni di battaglia. E mio padre era il generale, a cui nessuno poteva dire di no. Bisognava obbedire e tacere. Adeguarsi, o altrimenti morire. Mi chiamo Kaney, ma non sono quel piccolo comandante col mitra che tutti chiamavano capo. Ci sono luoghi dell’Africa in cui l’innocenza è morta, squassata dall’eco degli spari, annegata in un mare di sangue. Questo film mette il dito nella piaga. Senza pietà, perché sarebbe ingiusto cercare scusanti o rifugiarsi dietro mezzi termini. La violenza è crudezza pura, totalmente priva di coscienza, quando è commessa da chi non ha ancora raggiunto l’età del giudizio, e non è in condizione di distinguere il bene dal male. Succede tutto in pochi istanti, un po’ per distrazione, un po’ per paura. Dei ragazzini diventano assassini, ma non sanno quello che fanno. Questa storia mette a fuoco la banalità di certi terribili gesti automatici, compiuti come fossero parte di un gioco, di una prova di coraggio, di una sfida per dimostrare di essere adulti. C’è chi combatte meccanicamente, senza motivazioni ideali, né materiali. Imbraccia le armi come un robot, e si comporta davvero in modo disumano. È il nemico peggiore in assoluto, perché non è disposto a sentire ragione. Kaney potrà cominciare a capire soltanto dopo, quando sarà cresciuto, ed avrà preso le distanze da quell’inferno. Prima di allora, la sua vita resterà avvolta in un’atroce cecità. Il cortometraggio di Esteban Crespo – vincitore del Premio Goya 2013 - ci mostra l’effetto che quel buio produce dall’altra parte della barricata, sotto la luce del sole, agli occhi di chi assiste, impotente e sgomento, ad un orrore invincibile ed inspiegabile: un demone che si impadronisce dell’infanzia, invadendo il suo territorio vergine e indifeso senza incontrare alcuna resistenza. Una conquista tanto facile quanto vile e devastante, che miete le sue vittime con sconfinata brutalità; eppure non è in grado di andare fino in fondo e spegnere ogni barlume di speranza.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta