Regia di Alessandro Rossetto vedi scheda film
Si inizia con riprese aeree del Nord Est, con le sue geografie imperfette nell’alternanza tra campi coltivati e capannoni industriali.
Ma imperfette sono anche le “geografie” umane disegnate nel film.
Storie di famiglie inconcluse e di persone inconcluse; e senza speranza; così che man mano che se ne rende conto, nello spettatore cresce il disagio, perché capisce che non ci sarà redenzione.
Vite che si trascinano penosamente, in un vuoto esistenziale che non acquista certo spessore attraverso appartenenze politiche fatte solo di slogan, o attraverso il denaro acquisito con qualsiasi mezzo (prostituzione, ricatti), né tantomeno attraverso pruderie erotiche perdenti nello scontro con l’impotenza.
Sono persone che non rivendicano valori, che non coltivano sogni: è l’egoismo l’unica spinta ad agire, e talvolta non basta nemmeno quello.
Non si prova simpatia, né partecipazione per i personaggi del film: purtroppo assomigliano a tante persone che si incontrano e che si vorrebbe non incontrare; si subisce con crescente smarrimento il racconto delle loro vicende, presagendo il finale, che non potrebbe essere diverso: la tragedia nella tragedia. E’ la resa definitiva della vita di fronte alla disumanità.
Il film è di una regia magistrale, si sviluppa con un ritmo lento, e pure tiene inchiodata l’attenzione; ma non è vera emozione, ma piuttosto una specie di ansia: tutto è (pur-)troppo verosimile.
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