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Piccola patria

Regia di Alessandro Rossetto vedi scheda film

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La recensione su Piccola patria

di FilmTv Rivista
8 stelle

«Piccola città, bastardo posto». «Povera patria». L’Italia, dentro, non è un paese. È una provincia. E i luoghi di Piccola patria sono quelli del Veneto profondo, la regione in cui in questi giorni si sono improvvisati e falsificati referendum su secessionismo e indipendenza: case unifamiliari e roulotte, hotel e stalle, officine e chiese, strade e spiagge, tendoni per manifestazioni politiche e capannoni abbandonati. Non-luoghi e frontiere, focolari e sedi produttive, locali per vizi privati e palcoscenici per pubbliche virtù, prigioni soffocanti, vie di fuga. La lingua stessa è un luogo dislocante, di conflitto inconciliabile tra locale e globale, tra passato e futuro: il dialetto preferito dagli indigeni all’italiano, il cinese da imparare per sognare (sempre per regionale ragione imprenditoriale), l’albanese abbandonato dai migranti per cercar d’essere accolti. E poi l’ottuso mito delle radici, il mantra del nord che produce, il bigottismo ipocrita dei padri. Il rancoroso, osceno e immorale, desiderio di fuga dei figli, il loro corpo mercificato. E la costante richiesta d’integrazione degli immigrati, in una terra incestuosa di abituale xenofobia. È di questo che racconta Piccola patria: della decadenza di un’Italia piccola piccola. Della storia di due giovani donne, di un ricatto sessuale a un gretto uomo del borgo, e della scelta di un capro espiatorio straniero. Alessandro Rossetto, esordiente nel lungometraggio di fiction, s’affida alla propria decennale pratica di sguardo documentarista: definiti un mondo, i ruoli e i rapporti di potere, registra gli attori che reagiscono l’uno all’altro, nel presente della scena, liberati da se stessi nel ricorso alla lingua veneta e coerenti non a una sceneggiatura rigorosa ma ai moventi psicologici del proprio personaggio. Ne esce un esempio di cinema istintivo, che rende palpabile e palpitante un lucido scandaglio sociologico. Non si concede nemmeno una comoda catarsi, Piccola patria: quel che importa a Rossetto è cogliere le componenti di una tragedia culturale in perenne statu nascendi. Le logiche di una polveriera. Presentato a Venezia 2013, in Orizzonti, s’apparenta a un altro film recente sul fascismo antropologico nostrano: Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 14 del 2014

Autore: Giulio Sangiorgio

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