Regia di Kitty Green vedi scheda film
Belle, bionde e seminude. Il femminismo secondo Femen. Un caso ucraino diventato planetario, grazie a uno scaltro uso dei media. L’idea? Combattere il maschilismo e il patriarcato dando ai maschi patriarchi ciò che vogliono: giovani corpi sexy da guardare e da mettere in copertina. All’inizio la regista Kitty Green sembra stare al gioco: un documentario cool, un’opera abile che racconta le azioni targate Femen e le ragioni delle esibizioni in topless, in un paese in cui «il 99% delle donne non ha mai sentito nominare la parola femminismo» e la prostituzione è l’unica alternativa alla miseria (l’Ucraina non è un bordello, «oggi le donne nude protestano invece di vendere i loro corpi»). Il film però non si ferma sulla soglia del fenomeno, anzi, avanza tra le sue contraddizioni e ambiguità, il business, il merchandising, gli sponsor privati (maschi). Soprattutto compare Viktor, «il patriarca di un’organizzazione contro il patriarcato». E il paradosso esplode (anzi implode). Kitty ha vissuto un anno con le Femen e si vede. Le racconta dall’interno. E loro si lasciano raccontare, anzi, sembra quasi che non vedessero l’ora di poter dire la verità (che poi sia una messinscena della verità, poco importa). Le interviste hanno una sincerità quasi naïf. Compresa quella di Viktor in persona. Il finale sembrerebbe liberatorio. Oggi il quartier generale delle Femen è a Parigi. Ma il controsenso resta: il loro successo - nella forma e nella sostanza - è figlio del “patriarcato”.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta