Regia di Ti West vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 2013 - ORIZZONTI
Il giovane ma già consolidato e noto Ty West, se un pò ho imparato a conoscerlo in questi ultimi anni, ha indubbiamente un certo talento, che esprime generalmente al cinema nel genere horror. Ma è certamente anche un gran furbino: dopo aver già sperimentato il genere mockumentary con il discusso (e anche discutibile, seppur non certo pessimo V/H/S, visto al TFF), e dopo la deludente ghost story di The innkeepers, lo troviamo a Venezia nuovamente in un mockumentay (genere che a mio avviso ha ormai esaurito ogni sua carta di originalità e sviluppato ogni sua minima angolatura e sfaccettatura narrativa). La vicenda prende avvio quando una coppia di giornalisti più un cameraman, che da tempo stanno conducendo un programma di giorrnalismo d'avanguardia con documentazione in tempo reale e scoop ripresi sul momento aventi ad oggetto scandali, segreti e problematiche etiche e civili nel mondo, vengono coinvolti nella ricerca della sorella di uno dei due che, dopo una forte crisi esistenziale seguita ad un forte esaurimento nervoso, ha trovato rifugio presso una isolata comunità di un paese che non ci viene mai esattamente rivelato (ma potrebbe trattarsi di una foresta nell'America Latina o nell'Africa Equatoriale). L'idea è quella di farsi accogliere dal capo villaggio per indurla a tornare indietro e nel contempo girare uno scoop su quella società idiliaca di cui favoleggia la giova donna nei messaggi al fratello, scettico e sospettoso. Giunti nel luogo, dopo un sopralluogo a prima vista piacevole e dopo aver intervistato alcuni degli entusiasti membri di quella comunità, durante un colloquio col misterioso padre fondatore iniziano ad emergere pian piano particolari sempre più inquietanti circa le modalità in cui è organizzata quella apparentemente idilliaca società. Ma a quel punto tornare indietro non sarà per nulla facile né tantomeno scontato.
The sacrament utilizza dicevo lo stile ormai abusato del mockumentary che qui non ha proprio una vera ragione di esistere in quanto dal racconto più volte la mdp viene fatta chiudere al cameraman e ciò nonostante il film prosegue uguamente con un altra inquadratura come si mettesse da parte la regola autoimposta del film girato sul momento.
Detto questo forse West avrebbe fatto cosa più originale abbandonando o mettendo da parte questa tecnica, per girare un film anche più grezzo in stile (se di stile si può parlare) Ruggero Deodato, visto che i temi sono quelli del re dell'horror trucido e "vero": le sette viste come una tribù dalle usanze stravaganti e misteriose, gli omicidi/suicidi di massa, la violenza apparentemente ripresa in modo così choccante da apparire realistica. Magari dando vita ad un nuovo filone che riprenda l'altrettanto trucido stile di Prosperi e Jacopetti. Ma forse in quel caso il danno sarebbe stato ancora peggiore di una ostinata propensione a perseverare nel mockumentary. Produce quella volpe di Eli Roth, talentuoso pure lui, ma ancor più furbo e scaltro di West.
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