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Ana Arabia

Regia di Amos Gitai vedi scheda film

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La recensione su Ana Arabia

di alan smithee
4 stelle

FESTIVAL DI VENEZIA 2013 - VENEZIA 70
Si parlava di registi furbetti a proposito di Kim Ki-duk e della sua abilità a vendersi. Amos Gitai da sempre, e ora in modo sempre meno sopportabile, si circonda di trame ed ambientazioni nobili aventi ad oggetto l'eterno insanabile conflitto razziale tra ebrei e musulmani, per rendersi immune da critiche od osservazioni circa le sue dubbie scelte di regia e il suo stile sempre a metà strada tra la fiction e il documentario. Qui il pur innegabilmente impegnato regista supera se stesso scegliendo di filmare con un lungo ed effettato piano sequenza, una giornalista (che pare una modella di abiti casual alle sfilate milanesi) mentre si reca in un paesino dove convivono da decine di anni o forse secoli due comunità di popoli da sempre ufficialmente in ostilità: ebrei e musulmani, ivi mischiati senza particolari criteri che si aiutano reciprocamente e vivono in armonia. Peccato che la tecnica della ripresa senza stacchi renda necessario procedere ad una lunga intervista in cui la mdp segue la rossa giornalista che a sua volta incrocia persone e le tempesta di domande a raffica. I personaggi che incontra lungo le stradine di un giardino privato, fingono di fare il loro lavoro e poi intervengono nel discorso perché intervistati o di loro spontanea volontà. Ne esce fuori un prodotto falsato che sembra più una puntata di Linea Verde, dove la bella giornalista/modella pare la carina di turno dell'accennato programma di Rai 1 mentre pone domane a destra e a manca, senza poi curarsi nemmeno di ascoltare con un minimo di interesse le risposte dagli interrogati.
Uno stratagemma inutile che toglie l'incisività che potrebbe avere una semplice e schietta intervista girata sotto forma di documentario, e che diversamente non ha le basi sufficienti per chiamarsi fiction. Un prodotto ibrido insomma quello di Gitai, che non sa rinunciare, anche stavolta, alla presenza di donne così belle da risultare impossibili o inverosimili in quel drammatico contesto da guerra civile infinita e senza soluzione.

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