Regia di Steven Knight vedi scheda film
Capocantiere in una importante azienda di costruzioni, Ivan Locke si allontana in macchina dal luogo di lavoro. Durante il viaggio che lo conduce al Londra l'incessante sequenza di telefonate fatte e ricevute grazie al vivavoce della sua auto ci fanno capire che la sua vita, il suo lavoro e la sua famiglia sono messi radicalmente in discussione per un errore che l'uomo rivelarà di aver commesso per debolezza e generosità.
Grazie ad una tecnica di ripresa in 'real time' che gli consente di girare in sole 8 notti consecutive le riprese di un viaggio in auto della durata di 85 minuti, lo sceneggiatore e regista britannico Steven Knight imbastisce uno psicodramma da 'abitacolo' in cui il flusso di coscienza del suo unico protagonista segue i percorsi dialettici di una escalation emotiva dettata dal rigore morale e dalla irrevocabile scelta di sacrificare ad esso le faticose conquiste di tutta una vita (la posizione professionale, gli affetti familiari, il rispetto per se stesso), laddove le certezze che sembrano appartenergli all'inizio si frantumano e ricompongono entro un quadro di possibilità che l'esito delle varie conversazioni telefoniche determina compiutamente solo alla fine.
Se l'unità di luogo, tempo (reale) e azione lo accosta ad una struttura drammaturgica coerente con un film come 'Buried', con un sarcofago di metallo sfrecciante in autostrada al posto della tomba 'attrezzata' in mezzo al deserto irakeno, qui il baluginare di riflessi policromi non solo sostituisce scenograficamente la mortifera e claustrofobica oscurità di una sepoltura prematura ma risulta perfino funzionale alla natura cangiante e mutevole dell'animo del protagonista, che sembra ora precipitare negli abissi della più nera disperazione (la paura di assomigliare fin troppo alla odiata ed assente figura paterna) per poi vedere una luce di speranza in fondo al tunnel delle occasioni mancate e delle possibilità future, ma con la ostinata e impavida determinazione a non mollare mai il pedale dall'acceleratore e le mani dal volante, costi quel che costi, fino alle estreme conseguenze del suo itinerario autostradale verso la capitale bitannica.
Se l'idea e di prim'ordine e per giunta realizzata con una indiscutibile abilità tecnica di una camera che si sposta continuamente tra il dentro ed il fuori di un abitacolo quale frontiera scenografica di una 'mise en scene' del tempus fugit, a rendere stucchevole l'operazione sono le trappole sempre in agguato dei risvolti da melodramma esistenziale che finiscono per minare la credibilità di un pur bravo protagonista diviso tra la notifica di un licenziamento telefonico, la gestione a distanza di una imponente gittata di cemento, la ricomposizione di una inevitabile frattura coniugale, la rassicurante vicinanza verso una partoriente fuori tempo massimo, la conversazione a distanza con lo spettro di un genitore odiato e chi più ne ha più ne metta. Forse un pò troppo per un uomo solo in una notte sola e che tuttavia dimostra di saper mantenere una invidiabile flemma nel bel mezzo di una tempesta emotiva che avrebbe affranto e abbattuto finanche il più superficiale ed indolente degli uomini. Roba da ulcera duodenale fulminante ma tant'è, il protagonista sembra accusare solo i lievi sintomi di una incipiente rinite.
Presentato fuori concorso alla 70ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, meritato premio per il montaggio a Justine Wright agli European Film Awards 2014 e per la sceneggiatura a Steven Knight ai British Independent Film Awards 2013.
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