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Locke

Regia di Steven Knight vedi scheda film

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La recensione su Locke

di cheftony
9 stelle

 

Per te è tutto un gioco!”

No. Adesso niente è più un gioco!”

 

Ivan Locke (Tom Hardy) è un capocantiere inglese che una sera, verso le 21, si mette alla guida della sua BMW congedandosi dal posto di lavoro. Ma non per dirigersi verso casa: Tom ha di fronte a sé un viaggio in auto della durata di circa un'ora e mezza per arrivare a Londra, dove sente di dover in qualche modo riparare ad un terribile (quanto “umano”) errore commesso tempo prima.

Durante il tragitto, usando il viva voce del telefono, Tom deve districarsi fra mille chiamate per giustificare il suo apparentemente insensato colpo di testa; così si ritrova ad alternare telefonate alla moglie Katrina e al figlio più grande che lo attendevano spasmodicamente a casa per guardare una partita di Premier League, poi all'operaio Donal che dovrà sostituirlo l'indomani e infine al suo capo Gareth.

Nel giro della suddetta ora e mezza, Ivan Locke si ritrova licenziato dalla ditta perché, così facendo, mancherà la mattina successiva alla direzione di un'immensa colata di delicato calcestruzzo per costruire le fondamenta di un palazzo imponente e, come se non bastasse, a casa si scatena il dramma, con Katrina che interrompe la comunicazione per vomitare e piangere e con i figli in agitazione. Già, perché Ivan confessa il perché della sua svolta, direzionale ed esistenziale: sta andando ad assistere al parto prematuro di Bethan, una donna malinconica e sola che ha messo incinta qualche mese prima nell'unico rapporto extraconiugale della sua vita...

 

 

Tom Hardy

Locke (2013): Tom Hardy

 

 

Secondo lungometraggio da regista del 55enne Steven Knight, noto perlopiù come ideatore e autore televisivo del format britannico (poi largamente esportato) “Who Wants to Be a Millionaire?” e come sceneggiatore del pregevole “La promessa dell'assassino” diretto da Cronenberg, “Locke” è un film lucido, inesorabile, algidamente calcolato.

Giocato (sul piano meramente visivo) su una regia ottima negli spazi angusti di un abitacolo, su una fotografia che nasconde i bagliori di fari e catarifrangenti in un buio senza tregua, su un valido montaggio che alterna interni ed esterni della vettura, “Locke” è un film che riesce a rendere più che bene un'idea già di per sé eccellente: quella di impostare una corsa contro il tempo non sull'azione e sulla frenesia, bensì sulla riflessione psicologica e sul dialogo. Ciò che stupisce per originalità non è dunque il dramma umano di Ivan Locke, ma la trattazione antispettacolare e al contempo coinvolgente come un thriller, in cui la tensione si fa più spessa via via che si riescono a delineare i profili psicologici dei vari personaggi, difficilissimi da intuire solo da delle telefonate e praticamente senza un background noto. Anche Ivan Locke è un enigma: abbandonato da piccolo dal padre, è un uomo scrupoloso e ligio al dovere, un piccolo eroe con una sola macchia, che però è incancellabile e fondamentale nel determinare l'uomo che è e l'uomo che sarà.

A dare corpo all'unico personaggio ritratto sullo schermo è un Tom Hardy davvero eccezionale, mentre Knight, vero factotum del film, dirige con sicurezza e Dickon Hinchliffe tesse una trama sonora perfetta nella sua discrezione, andando entrambi a contribuire all'imprigionamento del protagonista senza necessariamente alienarlo.

Un film “bastardo”, minimale nella forma ed enorme nei contenuti, interessantissimo e astutamente congegnato.

 

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