Regia di Steven Knight vedi scheda film
Se chiedessimo a Ivan Locke, lui come si definirebbe? Senza dubbio è un ottimo capocantiere, uno dei migliori d'Inghilterra, stimato dai superiori e rispettato dai dipendenti. E' molto fiero del suo lavoro, domattina alle 5,30 sovrintenderà alla più grande gettata di calcestruzzo mai fatta in Europa, 355 tonnellate di cemento, 218 camion, centinaia di operai – e infiniti moduli da riempire, avventizi neo-assunti da tenere d'occhio, strade da bloccare, ultimi controlli da fare alle attrezzature perché tutto fili liscio: quelle fondamenta reggeranno un palazzo di 55 piani, non si possono fare errori.
Si è sposato a 23 anni, da 15 è un buon marito; ha due figli maschi con cui passa tutto il tempo che il lavoro gli concede. Domattina presto dovrà essere al lavoro ma questa sera si metteranno le maglie della loro squadra, la mamma cucinerà gli hot-dog e tutti e quattro insieme vedranno la partita alla tv.
Ma Ivan è anche un uomo che ha commesso un errore: mesi fa è stato via 3 settimane per un cantiere e l'ultima sera, complici l'euforia per il lavoro finito e un paio di bottiglie di vino, ha fatto sesso con una segretaria appena conosciuta. Un piccolo peccato, un piccolo rimorso. Solo che la 43enne bruttina e solitaria è rimasta incinta. Locke non ha ancora trovato il momento giusto per raccontare tutto alla moglie, credeva di avere tempo. Ma mentre è al lavoro riceve una telefonata: il bambino sta nascendo con 2 mesi di anticipo. E lui non ha la minima esitazione, molla tutto, prende l'auto e da Birmingham parte per Londra, a fare la cosa giusta.
Il viaggio dura 85 minuti e Locke li passa quasi tutti al telefono. Ci sono tante cose da fare: un vice nel panico da istruire e incoraggiare, un collega trasecolato da tranquillizzare, superiori furibondi da calmare, burocrati da blandire, la partoriente da rincuorare, la moglie infuriata e addolorata da rassicurare, due bambini confusi e preoccupati da confortare. E riesce a fare tutto, con calma e autorevolezza: ha preso una decisione che probabilmente rivoluzionerà la sua vita sia lavorativa che familiare, ma al contrario di suo padre, che abbandonò la famiglia da un giorno all'altro, è un uomo per bene, non si sottrarrà a questa nuova, imprevista responsabilità. Perché alla fine Ivan Locke solo questo vuole essere, un uomo affidabile e un buon padre.
Quando Steve Knight (sue le sceneggiature candidate all'Oscar di PICCOLI AFFARI SPORCHI e del capolavoro di Cronenberg LA PROMESSA DELL'ASSASSINO) ha scritto il soggetto di LOCKE, ha pensato ad un solo attore: Tom Hardy - il quale su quelle poche pagine ha accettato di girare il film. Ma l'attore più indaffarato del mondo aveva solo due settimane libere, così le riprese di questo incredibile film sono durate 10 giorni. Nei titoli di testa c'è una dozzina di nomi, ma Hardy è l'unico che appare sullo schermo in questo dramma in tempo reale che si svolge tutto all'interno di una BMW in movimento.
L'auto era caricata su di un camion a pianale e tre telecamere digitali erano puntate su Hardy, a spiarne ogni minima espressione mentre guidava l'auto nella notte. Il geniale direttore della fotografia Haris Zambarloukos (SLEUTH, MAMMA MIA, THOR) ogni volta che cambiava le schede di memoria (ogni 30-35 minuti) modificava obiettivi e angolazioni di ripresa. Via radio arrivavano le telefonate; non erano voci registrate ma attori che gli parlavano in diretta, e Hardy rispondeva, spesso improvvisando sul canovaccio concordato. Il film è stato girato per intero due volte per ciascuna notte di riprese (dalle 9 di sera alle 4 di notte) in otto giorni, con gli attori secondari che se ne stavano in un motel allestito a studio radiofonico ad aspettare che toccasse a loro. Il risultato finale è una dozzina di versioni complete del film, di cui noi assistiamo al distillato perfetto.
Si tratta di un autentico one man show che solo un grandissimo attore poteva affrontare. L'interpretazione di Tom Hardy è a dir poco sbalorditiva: equilibrata, mai carica, emozionante; i dialoghi immaginari con l'ombra del padre sono di un'intensità paragonabile solo ai monologhi di Ed Norton in LA 25ª ORA. Steve Knight, qui alla seconda regia, gli ha chiesto un pacato accento gallese e gli ha imposto la barba e un taglio anonimo di capelli perché non fosse “troppo carino”, affinché la nostra attenzione fosse concentrata sul suo sguardo e sulle sue parole. Un'auto sull'autostrada, ma niente inseguimenti o sparatorie, solo un uomo al telefono, in una tragedia ordinaria che è un vero inno al potere della recitazione e della scrittura cinematografica.
E ora veniamo alle dolenti note: che non riguardano il film in sé quanto la versione italiana. Ho assistito all'anteprima in versione originale sottotitolata e già lì ho avuto modo di sobbalzare più volte per la sciatteria dei sottotitoli. Ma stavo per esplodere di rabbia quando poi ho visto in rete il trailer e una breve clip: oltre a dare stupidamente l'idea che il film sia un thriller, il doppiaggio non è assolutamente all'altezza, la voce non è per nulla adatta ma soprattutto l'intonazione è magniloquente, inutilmente enfatica, mentre l'interpretazione originale è sobria, piana, quasi distaccata, sicuramente mai urlata o melodrammatica. Perciò l'unico consiglio che posso dare è: vedetelo in lingua originale sottotitolata o aspettate il dvd, dal poco che ho visto in rete doppiato è proprio un disastro.
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