Regia di Alexandros Avranas vedi scheda film
Sotto l’apparenza della perfetta facciata di un appartamento di Atene si nasconde il peggiore degli inferni. Il giorno del suo undicesimo compleanno, Angeliki smette di ballare e dopo la foto con il padre si lancia dal balcone. Nessuno sembra sapere perché e i motivi che l’hanno spinta a tanto. In famiglia, tutto sembra al proprio posto: padre e madre e cinquantenne trattano amorevolmente le due figlie rimaste in vita e i due nipotini, figli della maggiore. L’assenza di un genero, però, comincia a destare nello spettatore attento qualche perplessità. Il marito/nonno ben presto mostra i primi segni di un comportamento ambiguo: da patriarca, regge nelle sue mani le sorti e le decisioni di chiunque, decide i ritmi della casa e punisce i trasgressori. La figlia quattordicenne è colei che mostra i primi segni di ribellioni, puniti con la rimozione della porta della sua stanza: dopotutto, in quella casa, non ci sono segreti e tutti sanno tutto.
L’apparenza effimera è quella che attanaglia e limita anche due assistenti sociali, arrivati in visita per stabilire che destino dare ai due bambini di casa. Tutto è perfetto, tutto è al proprio posto: abiti, letti, acqua corrente, atteggiamenti amorevoli e sguardi di compassione. Se la strega di Hansel e Gretel usava dolcetti per attirare le proprie prede, l’orco di Miss Violence usa il cibo, bene primario per una famiglia che vive in condizioni economiche modeste in un Paese che sta attraversando la peggiore delle sue crisi economiche. Mangiare, dormire e ubbidire sono rituali che vengono perpetrati anche a costo di un livido in più: come accade in tante case chiuse ermeticamente da compartimenti stagni che non lasciavo passare neanche l’aria, le donne di Miss Violence subiscono i colpi, ne pagano le conseguenze, perdono la ragione ma non osano rompere lo status quo.
La violenza del titolo, avvolta dal silenzio, esplode improvvisamente: la figlia maggiore, incinta del terzo figlio, viene portata da un cliente mentre la figlia quattordicenne viene costretta a vendersi, ad essere stuprata da due balordi e subito dopo dl proprio padre. In pochi secondi, tutto è chiaro: Angeliki è l’unica che ironicamente si è salvata da un futuro perverso, desolante e malato. Sotto la bonarietà di un rispettabile padre di famiglia, si nasconde il peggiore degli aguzzini, un incestuoso pedofilo che non sente addosso nessun peso.
Con un finale atteso e metaforico (attenzione alla porta che si chiude), Miss Violence colpisce allo stomaco per contenuti ma lascia alla forma il tempo che trova. Lontano dall’essere il nuovo Lanthimos, Avranas sceglie la via della sottrazione per lasciare allo spettatore il tempo di mettere insieme i pezzi del puzzle e fornirsi da solo una spiegazione. La forma è ferma a vent’anni fa mentre i contenuti scorrono veloci e diventano ipermoderni: sarà forse una metafora dei tempi attuali? Difficile saperlo, in sala stampa Avranas ha già ricevuto il “premio simpatia”.
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