Regia di Alexandros Avranas vedi scheda film
La violenza domestica, il patriarcato e, peggio che mai, la pedofilia incestuosa: argomenti inquietanti e oggi intrattabili artisticamente poiché sottoposti a una forma di autocensura ben peggiore di quella ufficiale trapassata. Peccato che il tutto sia argomentato da un regista che manovra il set (benissimo) con guanti di velluto.
Grecia. Il suicidio della piccola Angeliki sconvolge il ritmo di una rispettabile famiglia, composta da una giovane madre single (Roussinou Eleni), i suoi numerosi figli e i più anziani genitori. Tra questi ultimi, il padre (Themis Panou) in particolare si applica per far presto dimenticare la disgrazia.
Un film la cui sceneggiatura, opera del regista in compartecipazione con Kostas Peroulis, appare prevedibile sin dai primi minuti. Lento, privo di situazioni esplicite (cioè a dire spettacolari), sorretto dalla solida e significativa interpretazione del cast artistico, con menzione di merito per Roussinou Eleni (sconvolgente la sua espressione conclusiva) ma con nessun attore escluso in quanto a talento immedesimativo. Emerge pure la grande cura nella direzione, evidenziata da una regia ineccepibile ma quasi asettica per quanto priva di slanci visionari o movimenti di macchina particolari, opera di Alexandros Avranas, cineasta che tratta un tema terrificante senza tuttavia mai sporcarsene le mani. Se è pur vero che oggi, causa una forma di autocensura limitativa e artisticamente deleteria, un tema come quello trattato in Miss Violence merita tutta l'attenzione - non fosse altro che per il solo tentativo di proporlo - resta sconfortante un confronto con analoghe pellicole anni Settanta, capaci di addentrarsi in questo genere di storia truce senza nulla celare. Qui, se si esclude una confezione egregia per quanto fine a se stessa (da manuale, per esempio, il lunghissimo piano sequenza dei due assistenti sociali in visita al nucleo familiare) o il curioso inserimento del brano L'italiano di Toto Cutugno (in nètto contrasto con la situazione che si sviluppa sullo schermo), predomina un senso di assoluta quiete, lievemente alterata dall'inefficace sferzata finale messa in scena con pacata (e ovviamente autocensurata) violenza. Un modo di affrontare il cinema tipico di chi intende esporsi stando sopra alla media, rigettando cioè un più puro, magari triviale ma in tal caso essenziale, affondo visivo. Siamo dalle parti del film d'autore ovviamente, ma di un autore che sfrutta il tema raggelante senza mai renderne conto sullo schermo. Quel che può rappresentare un piatto di tonno e fagioli, per metterla in metafora gastronomica, senza tonno e con ben pochi fagioli. Gli anni Settanta purtroppo restano solo un lontano ricordo: creativamente ed espressivamente l'arte in generale ha fatto un salto molto più indietro nel tempo, a tutto danno anche dello spettatore cinematografico che non vuole conformarsi al piattume di produzioni dal chiaro stampo televisivo.
"Come si può umanamente accettare e capire che un uomo faccia a dei bambini quelle cose? Non si può, allora si preferisce non parlarne, non lavorare in profondità su delle menti che potrebbero esplodere da un giorno all'altro e creare mostri a ripetizione."
(David Grieco)
F.P. 03/05/2024 - Versione visionata in lingua italiana su Amazon Prime Video (durata: 95'31")
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta