Regia di Alexandros Avranas vedi scheda film
Scioccante e incisivo dramma familiare. Cinema di grande qualità. Film imperdibile
Siamo in Grecia, in un modesto appartamento, dove una famiglia sta festeggiando il compleanno della piccola Angeliki,con tanto di palloncini, torta e candeline e tavole imbandite; improvvisamente l’undicenne Angeliki,con dipinta sul viso un’espressione quasi beffarda, si lancia dal balcone,in un salto letale. Il capofamiglia, alias Themis Panou, vive il lutto con molta dignità sforzandosi di ricostruire una vita normale. Ma niente è come appare. Lo script essenziale e asettico, ci fa apprendere a poco a poco un mondo familiare da girone infernale; dietro una facciata di perbenismo si nascondono segreti inconfessabili, che a poco a poco, sempre con maggior crudezza, vengono a galla in un crescendo di suspense; a dispetto di quello che gli adulti raccontano ai servizi sociali, parlando di “incidente” e non di suicidio, s'intuisce esserci qualcosa di malsano in questa famiglia. Il regista Alexandros Avranas svela le carte un po' alla volta ,procurando un'angosciosa sensazione di straniamento nello spettatore, con una sceneggiatura scarna ed estremamente sobria, in cui “parlano” gli sguardi tirati, che intravediamo.Il patriarca è una sorta di Padre/nonno padrone, unico uomo adulto della famiglia, sempre in cravatta anche in casa, agli occhi della “gente” appare come un uomo dimesso, gentile e rispettabile, in realtà è un vero orco, che nel segreto della sua abitazione, si rende autore di indicibili nefandezze, tributa gratuite punizioni ai figli, costringe le figlie e le nipoti a prostituirsi, e lui stesso ne abusa, da qui si capiscono le motivazioni del suicidio della Angeliki, evidentemente destinata allo stesso trattamento delle sorelle; tanti risvolti vengono fuori a poco a poco, aggiungendo sempre nuovi dettagli all’abominio familiare; nessuno osa ribellarsi,c'è una rassegnazione tacita, anche le visite degli assistenti sociali sono condizionate da questa ignavia e non sortiscono alcun cambiamento;c'è anche una nonna che sa degli abusi, ma non interviene, all'inizio. La costruzione del racconto, molto ridotta nei dialoghi, induce lo spettatore a seguire con attenzione tutte le inquadrature fisse e i mini piani sequenza di questo film, che svelano l'orrore gradualmente, a volte scioccando, altre volte disorientando, per il contrasto tra la macchina da presa che segue la routine familiare e la brutale presenza di questo “mostro” che infligge continuamente violenza fisica e psicologica ai suoi familiari, i cui ruoli non sono chiari inizialmente, per poi palesarsi nel corso della narrazione. Per raccontare le atrocità del quotidiano, Avranas imbastisce una messinscena in cui lo spazio ristretto, sondato con geometrica precisione e scarti bruschi della mdp, è rappresentazione di una prigione, reale e figurata, amplificata dalle riprese dei personaggi, che sembrano stringersi su di loro, per restituire la percezione degli abusi di cui l'aguzzino si rende artefice;il regista incombe sui corpi delle vittime e sembra schiacciarle sotto il peso della loro silente afflizione. Oltre ad essere magistralmente scritto e diretto “Miss Violence” può vantare anche la presenza di un cast di grandi interpreti, ai quali è stato fatto obbligo di una convivenza, prima delle riprese, allo scopo di “allenarli” alla naturalezza della quotidianità familiare; a partire da Themis Panou, che dà il volto al “pater familias” prevaricatore e violento, con la sua interpretazione , che gli è valsa la Coppa Volpi come Miglior Attore alla Mostra del Cinema di Venezia, al suo fianco Eleni Roussinou e Reni Pittaki, che in maniera impeccabile danno espressione a due donne avvezze a soprusi di ogni tipo. Straordinaria l’interpretazione della giovanissima Sissy Toumasi, Myrto figlia adolescente di Panou.Il film si fa anche metafora della situazione in cui versa la Grecia, ridotta allo stremo da una gestione economica e politica maldestra; tuttavia più che fornire indicazioni , "Miss Violence" semplicemente mette un punto ai valori che si ispiravano a una tradizione, che nella centralità della vita familiare aveva i suoi più saldi riferimenti e che ora invece ne certifica la fine, in questa inspiegabile assenza di solidarietà, che condanna alla sofferenza i protagonisti di questo festival dell'orrido. Avranas evita qualsiasi concessione al voyeurismo dilagante, molte sequenze finiscono con una porta che si chiude e anzi sollecita nel pubblico pulsioni di segno contrario, allorché si assiste sgomenti e inorriditi alla consumazione di un raccapricciante stupro collettivo
La scelta delle musiche è pertinente e perfino “L’italiano” di Toto Cutugno ha il suo perché ;anche il finale aperto è efficace. Questa pellicola definita da qualche utente, a ragion veduta , un pugno nello stomaco, è volutamente ripugnante e sgradevole, ma necessaria e preziosa; il regista si è ispirato a un fatto di cronaca avvenuto qualche anno prima in Germania. Cinema di grande qualità
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