Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Nel film di Mikhalkov si può intravedere anche una critica al regime comunista (i bianchi del 1918 uguali ai rossi del 1976?), ma quel che più conta è che a un certo punto non si distingue più tra cinema e realtà: i soldati controllano gli artisti, ma l'operatore riprende i soldati che compiono delle esecuzioni sommarie (il personaggio alla fine verrà tradito per trenta denari e rinnegato da un compagno come San Pietro rinnegò Gesù) e alla fine anche l'attrice sdegnosa finisce come un personaggio dei suoi film, e in fondo come la Russia rivoluzionaria: montata su un vagone ferroviario senza conducente e inseguita da soldati a cavallo.
"Schiava d'amore" parla di una troupe che, in piena Rivoluzione d'Ottobre, si trova nel clima mite del Caucaso, dove sta girando un film puramente sentimentale, sceneggiato da un intellettuale pronto a piegarsi a qualunque esigenza dei committenti ("la riscriverò, sarà un capolavoro!") e diretto da un regista superignavo. Durante le riprese, messe sempre a repentaglio dalla scarsezza di pellicola, la diva Olga si innamora dell'operatore alla macchina Victor, che segretamente ha aderito alla lotta contro le Guardie Bianche, delle quali documenta cinematograficamente le atrocità (ecco perché manca la pellicola?). Sul set si susseguono le visite di un ufficiale delle guardie bianche, prima mellifluo, poi sempre più pressante e aggressivo, che causerà la tragedia finale.
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