Regia di Gideon Bachmann vedi scheda film
Incluso nel cofanetto “Federico Fellini”(edito dalla Eagle Pictures) vi è un documento prezioso, raro e imperdibile per gli amanti del suo cinema, CIAO, FEDERICO! girato sul set di FELLINI SATYRICON nel 1969 da Gideon Bachmann. Sessanta minuti che rivelano un Fellini mai visto e sentito. “Io faccio dei film perché a 30 anni ho scoperto che quello era il modo di lavorare e di vivere che mi era più congeniale…”. Così si presenta, con un inglese essenziale e comprensibile, all’artista tedesco americano. Le cineprese scrutano il genio di 8 e ½ in quattro fasi della lavorazione del SATYRICON (dal trailer americano: ROME. BEFORE CHRIST. AFTER FELLINI, reinvenzione dell’antica Roma partendo dal testo di Petronio Arbitro). A Bachmann (e agli americani che lo commissionarono) non interessa il film ma lui all’opera, come dirige e com’è. E lui non li delude. S’incazza, dice parolacce (tanto non ci sono telecamere televisive italiane), manda apertis verbis a quel paese un’attrice americana per poi scusarsi e in seguito coccolarla. “Le prime due, tre settimane sono sempre molto difficili perché i fantasmi con cui ho vissuto durante la lavorazione devono poi materializzarsi in immagini concrete…”. Le sfuriate contro l’approssimazione della produzione possono essere giustificate dalle parole pronunciate qui sopra. Lo sciamano Fellini plasma, crea, recita, alterna italiano e inglese; vezzeggia, fa domande, cura, rimprovera, prova, riprova e chiama per nome i suoi attori (dalle star alle comparse). Appaiono e scompaiono Alain Cuny, Capucine, Magali Noel, ogni tanto fa capolino Giulietta Masina in visita. L’attore Max Born canta e suona la chitarra in un quadretto molto hippie. Nei rari momenti di pausa il maestro di Rimini scherza ma il più delle volte appare assente, si eclissa, d’altronde è evidente che il circo è tutto sulle sue spalle. Spassosa la preparazione della scena con il poeta Eumolpo, impersonato da Salvo Randone, in cui per spiegare meglio l’azione insulta e lancia pomodori all’indirizzo dell’attore. E ancora le curiose visite sul set di Romolo Valli, Roman Polanski, Sharon Tate e di un tizio (chissà magari solo per avvicinarlo) che gli dà i saluti di un tale Enrico Wertmuller. Incredibile, grande, misterioso Fellini. I numerosi attori americani presenti sul set lo descrivono come una persona complessa: “è tutto un’illusione, sia sul set che fuori è tutta un’illusione…mi aspettavo che fosse così, un tipo con la mente sempre in viaggio…lui recita ogni fotogramma del suo film”. Oppure piace che egli si vesta (ed è vero) a seconda delle circostanze, se sono sulla spiaggia indossa vestiti da spiaggia, su una nave da capitano. Qualche altro si lamenta che spiega solo l’azione e non il significato. La risposta a questo quesito e a tutti gli altri forse sta nella dichiarazione audio della madre all’inizio del documentario, in cui racconta che il suo Federico fin da bambino amava i burattini, li modellava, li confezionava, faceva il burattinaio per i compagni. Da (ri)scoprire.
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