Regia di David Trueba vedi scheda film
Spagna, primavera del 1966. John Lennon si trova ad Almería, in Andalusia, dove sta girando il film Come ho vinto la guerra. Antonio, professore di inglese in un istituto religioso, parte, con l’automobile prestatagli dal padre, e si reca sul luogo solo per poter incontrare il suo idolo. Durante il tragitto, a lui si aggiungono due ragazzi in fuga: Belén, un’adolescente incinta, e Juanjo, un sedicenne capellone che ha litigato col padre, un funzionario della polizia franchista. Questo road movie unisce, in una tenera miscela di sogni infranti, spirito della contestazione e utopie rivoluzionarie, l’ingenua allegria della giovinezza e la tristezza per un mondo che sembra impossibile cambiare. La miseria e l’arretratezza culturale di un paese governato da un regime autoritario offrono il ruvido sfondo ad una storia stralunata ma senza pretese, i cui protagonisti si mostrano coraggiosi nel voler, nonostante tutto, continuare a volare con la fantasia dell’infanzia, che non coglie la realtà per quella che è, e dunque può ignorarne i tratti più crudi. Living is easy with eyes closed, la frase a cui si ispira il titolo del film, è un verso del brano Strawberry Fields Forever dei Beatles, tratto dall’album Magical Mystery Tour. Bisogna guardarsi intorno con gli occhi di un bambino, per non vedere il male, la violenza, l’ottusità, le ingiustizie, ed illudersi che tutto sia solo un incubo da cui ci si può svegliare. Andare lontano, in una zona sperduta, e lasciarsi alle spalle l’insopportabile stupidità delle cose serie, è l’unica via di fuga da un tempo che ha perso la coscienza di sé, tanto che si è scordato di dover andare avanti. Un’antica cultura rurale, ancorata ad una religiosità tradizionalista ed infarcita di pregiudizi, è la gabbia dentro la quale aspirare alla libertà e alla modernizzazione dei costumi appare come una ridicola forma di follia. Antonio, l’adulto solitario che non ha saputo crescere, è l’eroe languidamente buffo di una commedia che si mette in viaggio verso l’ignoto, a bordo di un mezzo sgangherato, per evadere da una normalità che non le piace e che, soprattutto, non capisce. Il classico, eterno bambinone declina il suo profondo attaccamento alla vita nel rifiuto di adeguarsi alle regole introdotte solo per punire ed umiliare, per coprire gli egoismi e gli abusi di potere. Usare l’ingegno per sfidare i divieti è la sua maniera di giocare, tramutando la sua spontaneità in una spavalderia che coglie l’avversario di sorpresa e, di soppiatto, riesce magicamente ad innescare il progresso, il processo inarrestabile che, col passare degli anni, porterà all’abbattimento di tutte le barriere. L’antimilitarismo e l’anticlericalismo iniziano scherzandoci su, prendendo in giro le assurdità del sistema ed i suoi esponenti, come fanno gli alunni con i loro insegnanti. Il conflitto generazionale nasce da una innocente fiammata di scherno, per poi divampare in rivolta: ma può anche continuare a bruciare, a fuoco lento, al ritmo di canzoni registrate sul mangianastri, che si ascoltano a ripetizione, perché è difficile distinguerne tutte le parole. Antonio, a suoi due compagni di avventura, insegna l’arte della pazienza applicata alla ribellione: bisogna insistere, nel mantenersi immuni dal conformismo, ed esprimere a proprio modo le proprie passioni, senza paura di finire male o offendere qualcuno. David Trueba ci trasmette una lezione impartita col buon esempio e con parole semplici, modesta e pasticciona come certi dolci fatti in casa, da mani volenterose ma adorabilmente inesperte.
Vivir es fácil con los ojos cerrados è stato selezionato per rappresentare la Spagna agli Academy Awards 2015.
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