Regia di Pawel Pawlikowski vedi scheda film
La novizia Ida e la zia Wanda in un viaggio doloroso per provare a far pace con il proprio passato.
Film polacco ed in bianco e nero: basterebbe questo a dissuadere dalla visione la maggior parte degli ipotetici spettatori e soprattutto di quelli influenzati dagli sketch della coppia Manera-Penoni che parodiavano il menage familiare di due innamorati (Kristak e Petrektek) protagonisti, appunto, di un immaginario film polacco pallosissimo!
Beh, rimanendo alla forma, va detto che questa pellicola ha altre particolarità:
il formato è un 1,37:1 (praticamente un 4:3) come usava per gli audiovisivi che dovevano adattarsi alle televisioni 'antiche' a tubo catodico e la durata: meno di 90 minuti, quindi 'snello' e molto dissimile ai 'mattoni' che dall'Est Europa arrivano fino a noi!
'Ida' inoltre ha vinto l'Oscar per il miglior film straniero nel 2013 e, nonostante che quest'ultima riconoscenza non sia così fondamentale, la somma di queste peculiarità mi hanno incuriosito e spinto alla visione, peraltro ampiamente ripagata, di una pellicola che ho scoperto per caso solo poche settimane fa.
La trama sintetica racconta di una giovane novizia che prima di diventare suora a tutti gli effetti, prendendo i voti per iniziare a professare la povertà, l'obbedienza e la castità, decide di conoscere l'unica familiare ancora in vita che gli rimane: la zia Wanda, ex giudice, dal carattere così diverso da lei: particolarmente 'disinvolta' con l'altro sesso e, apparentemente, dallo spirito pratico e risoluto.
Le due donne si metteranno in 'cammino' per un percorso, 'purificatore' necessario ad entrambe per scoprire le atroci verità e l'accaduto nel doloroso momento in cui, durante la guerra, dovettero 'pagare la colpa' di essere di origine ebraica.
Il ritorno nei luoghi 'natali', dove si sono consumate le atrocità contro gli altri componenti della famiglia svelando il mistero che circonda le loro ultime ore di vita, cambierà profondamente l'esistenza di entrambe!
Quasi un racconto di formazione a tinte fosche per questo splendido esempio di 'Cinema necessario' nonostante la pecca del tema così fortemente abusato (la Shoah).
Il b/n e la fotografia particolarmente luminosa sono caratteristiche che ammiro e che spesso, ma non in questo caso, risultano sufficienti a farmi apprezzare prove registiche anche di un 'peso specifico' inferiore rispetto a questa.
Il bianco e nero riesce a dare una profondità ed una 'sacralità' che, mai come stavolta, risultano opportune dovendo confrontarci con il passato doloroso, la religione e la morte.
Da notare una messa in scena essenziale e non 'autoreferenziale' (bonta nostra!) ed un minutaggio che 'aiuta' considerando che il soggetto di per se è così scarno.
Insomma da recuperare per chi come me se l'era perso all'uscita nel 2013 e soprattutto da seguire il regista Pavel Pavlikovski che si appresta a mostrare la sua ultima fatica al prossimo Festival di Cannes 2018 dal titolo 'Cold war'.
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