Regia di Pawel Pawlikowski vedi scheda film
Una bella sorpresa dalla Polonia con un film che non è esagerato definire uno dei migliori del 2013, diretto da Pawel Pawlikowski, polacco emigrato da molti anni in Inghilterra. L'Oscar per il miglior film straniero, per una volta, è stato assegnato con pieno merito. Il film racconta la vicenda di una giovane novizia negli anni Sessanta che incontra una zia, sua unica parente sopravvissuta, e scopre di essere in realtà Ebrea, e che i suoi genitori erano morti in tragiche circostanze. La giovane Ida sarà costretta ad interrogarsi su molte questioni, compresa la sua vocazione. Il film è girato in un bianco e nero pittorico che ha suscitato paragoni con la pittura di Vermeer, con immagini spoglie e nitide che rimandano al cinema di Dreyer e Bresson per la loro essenzialità. La macchina da presa è sempre fissa, tranne che nel finale, il linguaggio è depurato e rigoroso, in sintonia con il difficile tema trattato (non sono mancate polemiche in Polonia per i riferimenti alla partecipazione di molti polacchi alla strage di Ebrei perpetrata dai nazisti, come era già accaduto per il documentario "Shoah" di Claude Lanzmann). La sceneggiatura è strutturata come un insolito road-movie e dice molto sullo squallore degli anni dell'immediato post-stalinismo, con una convincente rappresentazione del rapporto di crescente fiducia tra le due donne, e le attrici sono entrambe intense e sottilmente espressive, soprattutto Agata Kulesza nella parte di Wanda. Fra le canzoni suonate nella scena della festa anche "24 mila baci" di Celentano, che evidentemente era molto popolare nei paesi del blocco socialista (ce lo ricordo' già Emir Kusturica). Film raffinato e intelligente che parla di tematiche "alte" con un ottimo sfruttamento delle risorse del linguaggio cinematografico.
Voto 8/10
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