Regia di Pawel Pawlikowski vedi scheda film
Ambientato negli anni 60 in una Polonia ancora alle prese con le ferite del dopo guerra, Ida è un intenso racconto di sofferenza e di lucidità. Come nel precedente film di Pawlikowski My summer of love due figure femminili si incontrano traendo l’una dall’altra quello che non si può aspirare ad essere. Ida giovane novizia abbandonata in fasce e cresciuta dalle suore non può che tendere ad eterei valori assoluti, mentre la zia, Wanda la rossa, magistrato dai liberi costumi ed ex eroina del regime comunista deve fare i conti oltre che con i danni della storia anche con la sua personale vicenda che s’incrocia inevitabilmente con quella della giovane. Sarà che tutto proviene dalla stessa terra, i toni contenuti ma precisi, l’inserimento del cosiddetto tema forte ma Ida sembra promulgare quelle caratteristiche del cinema d’autore che Kieslowski rivitalizzò a suo tempo. Non passa inosservato l’uso contrastato di un bn dal notevolissimo taglio fotografico che conferma il gusto, l’attenzione e la ricerca di uno spostamento dello sguardo verso qualcosa di più ampio, di totale rispetto all’azione dei singoli che risulta piuttosto statica. Un altro elemento di forte contrasto è l’uso del sonoro, assenza del suono e profondità del silenzio nelle riprese nel convento che si contrappongono al frastuono esterno, alla musica del mondo, forse della vita e della felicità terrena. Il dialogo fra le due donne non supererà mai quello interiore che le due inconsapevolmente si scambiano e per entrambe avrà un effetto devastante. Perfette nella parte le due donne trasmettono un forte coinvolgimento , nel personaggio di Ida, testimone delle nuove generazioni alla ricerca di verità e delle proprie origini, e nel disincanto passionale e sentito di Wanda, un essere umano responsabile della vita e della morte altrui.. Se Ida incarna la forza religiosa di richiesta di verità, di senso della vita, Wanda deve fornire laicamente le risposte, rappresenta il mondo adulto con il suo carico esperienziale corroso dal dolore, dall’amore, dal tempo. Poesia che si dilata nelle immagini sempre più sfuocate, mettendoci in allarme per non farci sfuggire nulla, come nulla sfuggirà a Ida in quella che sembra delinearsi come il suo futuro. Eppure l’emotività resta miracolosamente sospesa, un finale che non può essere più spiazzante conferma se ce ne fosse bisogno la grandezza del film, obbliga lo spettatore a ripensare alle proprie considerazioni, ad allargare a dismisura la propria focale, a sperimentare un pensiero nuovo.
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