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La mia classe

Regia di Daniele Gaglianone vedi scheda film

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Julia1994

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La recensione su La mia classe

di Julia1994
7 stelle

Non saprei bene come iniziare la recensione di questo piccolo capolavoro.
Fino alla fine non capisci bene dove sia il confine tra realtà e finzione; cosa sia la battuta preparata e studiata, cosa invece provenga dritto dal cuore. 
In realtà credo che il più delle volte le due cose si sovrappongono.
In realtà ne sono sicura.

Il film è a metà tra il dramma e il documentario: una sorta di meta-film in cui Valerio Mastandrea interpreta un maestro di italiano per una classe di stranieri e al contempo se stesso, che da attore  di talento qual è, assiste alle riprese e alle prove tecniche; ripete le scene, o analizza i suoi errori; gli studenti portano sulla scena se stessi.

Il film ci permette di capire come sia possibile, all'interno di una classe di persone diverse,avere la possibilità di esprimere il valore tra i più alti esistenti: l'uguaglianza.
Per dare voce ai nostri sentimenti, Mastandrea si cala nei panni di un maestro delicato, ma fermo; è divertente e al contempo divertito dagli errori dei suoi allievi.
Non è semplicemente il ruolo di maestro di italiano, il suo.
Senza fare retorica da a noi spettatori, come alla sua classe, degli insegnamenti di vita.
Ma i veri insegnanti sono gli studenti.
Loro, lentamente, con tutte le difficoltà di comunicazione che possiamo immaginare, ci parlano delle loro esperienze. E ci fanno commuovere.

Durante le lezioni vengono affrontati diversi argomenti: di cosa si ha paura?
La risposta di solito è, o di qualcosa che non si conosce, come la morte, o di qualcosa che probabilmente si è conosciuto fin troppo bene: la disoccupazione, la guerra.
Di cosa ha paura il maestro? Dei suoi stessi alunni. E per lui il coraggio è comunque andare a tenere lezioni tutti i giorni.
Anche noi abbiamo paura del diverso? Anche noi troviamo il coraggio di affrontare quello che non conosciamo senza pregiudizi?
Siamo accoglienti nei confronti di ciò che ci spaventa? O la paura ci accieca, e ci annienta, tanto da tenerci lontani da tutto quello che appare diverso da noi?
Forse, spesso, la seconda: non si parla, e non è colpa delle differenze linguistiche.
Volendo, con errori, verbi a casaccio, preposizioni sballate, ci si capisce. Certo, bisogna avere voglia di conoscere.

Si parla del lavoro. E di schiavitù. Si parla di diritti e di doveri. Si parla dell'importanza di rispettare le leggi e le regole del paese che ti ospita. E si parla del fatto che talvolta le regole sembrano strapparti il diritto alla vita. Che fare? Non ci viene data una risposta. Non ci viene servita un'illuminante soluzione ai problemi che affrontiamo. Rimaniamo noi, spettatori, soli, a riflettere.

Il film è quasi completamente ambientato nell'aula in cui si tengono le lezioni. Talvolta vengono riprese le indicazioni del regista, vengono ripetute le scene, gli allievi vengono microfonati.

I colori sono quelli scuri delle grigie mattine scolastiche.
La musica è quasi completamente assente: si sente un'unica canzone, che è alla base di un'analisi fatta dagli stessi studenti.
La canzone è "l'autostrada" di Daniele Silvestri. Ed è proprio questa ad aprire nuove finestre e nuovi spunti di riflessione.
https://youtu.be/HbY7_S1WxIA

Mastandrea la spiega brevemente. Poi domanda ai loro allievi cosa significhi per loro.
Diverse anime esprimono diversi punti di vista: la gente si disinteressa dei tuoi problemi, va avanti per la sua strada e per la sua vita; lui, il protagonista, è un emarginato: nessuno sa bene cosa faccia...e a nessuno in effetti interessa!
Ma anche: lui è sempre lì, fermo. Mentre gli altri vivono. E uno studente paragona il protagonista della canzone a se stesso, che nel ristorante in cui lavora vede passare una donna, poi la stessa donna col compagno, poi incinta, poi col passeggino...e lui è sempre lì, fermo.

Davvero un esperimento riuscito.
Daniele Gaglianone, alla regia, si conferma per il grande spirito sensibile che è.
La naturalezza di Valerio Mastandrea fa venire voglia di tornare tra i banchi...o sulla cattedra.
Le singole sensibilità degli allievi, con le loro timidezze e le loro paure, ci stanno di fronte come uno specchio. Eliminano ogni forma di pregiudizio.

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