Regia di Daniele Gaglianone vedi scheda film
Difficile parlare e rappresentare ancora la scuola, l'insegnamento come indirizzo per nuove vite; trattare di problemi di integrazione e di tolleranza, di maestri impegnati a dare ben di piu di quello che e' loro dovere restiiuire ad una serie variegata di individui che ha scelto saggiamente la cultura come mezzo principale per integrarsi e divenire partecipe attivo di un paese, di una economia, di una nuova vita, magari più serena dopo tante tragedie. Difficile certo, ma non impossibile, se un regista che conosciamo ed apprezziamo da tempo come Gaglianone sceglie la formula contraddittoria (ma originale) del cinema verità che si rivela al contrario (e clamorosamente) un caso di cinema nel cinema. E' proprio l'antitesi di un realismo quasi esasperato che svela in seguito un set dinamico e mobile che sta a sua volta girando lo stesso film a risultare sorprendente. Come se la realtà schietta di tutti i giorni venisse messa in discussione rigirandola tale e quale essa appare ed è, salvo qualche piccolo fondamentale correttivo salvifico: dunque realismo schietto che si rivela finzione due volte, ma proprio per questo più vera cel vero. Nel film del film uno studente viene incarcerato e muore suicida, mentre nella realta' (finta) del primo film la soluzione viene trovata, col buon senso e una complicità ispirata dall'intelligenza e da valori di civiltà che dovrebbero essere bene comune di ognuno di noi. Mastandrea è un gigante della recitazione anche quando fa di tutto per mantenere la spontaneità che siamo sicuri lo caratterizzi anche fuori del set, e il film si rivela una scommessa vinta su diversi fronti. Presentato con un grande successo di pubblico alle Giornate degli autori di Venezia 2013, (così tanto che non mi fu possibile accedere alla visione in quella occasione), il film ha poi avuto una distribuzione quasi clandestina in sala: strano triste destino condiviso con altre riuscite pellicole italiane presentate a Venezia come Zoran mio nipote scemo.
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