Regia di Dino Risi vedi scheda film
1941. L'ufficiale medico Marcello Lupi raggiunge un campo di sanità, in Libia. Non è particolarmente entusiasta di essere lì, ma, tutto sommato, male non sta. L'area dei combattimenti è lontana; svolge attività di routine insieme agli altri ufficiali. Ognuno di essi ha le proprie peculiarità; la lontananza da casa e la situazione di guerra non aiutano la psiche dei personaggi. Chi ne risente di più è l'uomo che diverrà comandante del campo, Oscar Pilli, il quale instaura con Marcello un rapporto di amore-odio. Il volgere al peggio della vicenda bellica porta alla smobilitazione del campo. Marcello ed Oscar si ritrovano un anno dopo, durante l'ultima fase della guerra in Africa. Il primo agisce per salvare la pelle, propria ed altrui; il secondo è in cerca di una fine gloriosa. Dino Risi dirige un'opera tra commedia e dramma; trae ispirazione da un romanzo parzialmente autobiografico scritto dal medico e narratore Mario Tobino, al quale preme descrivere la condizione umana, con particolare attenzione al profilo psicologico, dei personaggi inseriti nel contesto bellico. Benchè anch'egli sotto tensione, Marcello, aspirante psichiatra, riesce a compiere le relative analisi e rendere l'esito allo spettatore. Il suo ruolo è interpretato da Beppe Grillo, molto diverso, per l'occasione, dall'uomo (prettamente) politico che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, dall'indole vivace ed inquieta. Nel film di Dino Risi, il personaggio è pacato, riflessivo, autoironico, empatico. Mette in luce l'umanità di ogni uomo, compresa la propria (s'infatua di una donna sposata con un notabile locale, accarezzando l'idea di sedurla, ma la difficoltà nei contatti gli lascia poco "margine d'azione"). E' comprensibile come il contesto bellico ispiri l'irrazionalità delle persone; ossessioni, psicopatie latenti si manifestano con maggior facilità. Oscar Pilli (l'attore francese Coluche), amico-antagonista-paziente, è una persona piena di contraddizioni, quasi bipolare; ad una forte ambizione, a velleità di trionfo e protagonismo corrispondono una sostanziale incapacità ed un recondito desiderio di pace e tranquillità. Uomo senza speranze - nonostante buoni appoggi e conoscenze - non sopravvive alla conclusione del racconto, scegliendo di morire in un assalto solitario contro una postazione nemica, ucciso da un cecchino tedesco con lo scopo di preservare una fragile tregua. Buona parte del film è ambientata presso il campo di sanità ed i suoi dintorni; l'essere isolato nel deserto, lontano dalla zona di guerra, della quale giungono solo notizie frammentarie, genera un'atmosfera surreale; questo non-luogo di attesa ricorda i territori di "Il Deserto Dei Tartari"; a differenza di quanto (non) accade nel romanzo di Dino Buzzati, qui la guerra arriva veramente, dissipando le ultime illusioni dei personaggi che erano giunti lì con idee tanto "romantiche" quanto distorte del significato degli eventi e dell'"esotismo" locale; si combatte nei pressi e giungono in gran numero feriti da curare o assistere negli ultimi momenti di vita. Successivamente, la scena si sposta in una città, ove Pilli si è accasato presso la tenutaria di un bordello; infine, nuovamente, nel deserto, avendo come sfondo la ritirata disordinata di eserciti sconfitti. Ho apprezzato le scelte circa temi trattati e conclusioni; meno la visione in sè. Il ritmo, molto blando per gran parte della durata del film, è, simbolicamente, idoneo alle idee degli autori; ma ho rischiato di cadere addormentato più volte. Ciò nonostante la presenza sulla scena di molti attori noti. Oltre ai già citati Beppe Grillo e Coluche, sono presenti Fabio Testi ed un giovane Claudio Bisio. Dunque, pur essendo soddisfatto della scelta di vedere il film - per quanto enunciato in esso e per una delle poche apparizioni cinematografiche di Beppe Grillo, che m'incuriosiva assai - lo consiglierei solo a spettatori ... veramente motivati !
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