Regia di Jonathan Liebesman vedi scheda film
Forse ha vinto lui. Forse ha pure ragione lui. Forse Michael Bay è un genio. Sicuramente è l’esempio d’intelligenza cinematografica contemporanea maggiormente accordata con la cultura di massa dentro e, soprattutto, fuori i confini statunitensi (Transformers 4 - L’era dell’estinzione ha incassato più in Cina che in patria). Così ecco che il Re Mida di Hollywood tocca la saga delle Tartarughe Ninja, producendo 30 anni dopo la prima apparizione del fumetto il reboot diretto da Jonathan Liebesman, e la trasforma in oro al botteghino con il sequel già in produzione. Scegliendo naturalmente, tra combattimenti, inseguimenti, esplosioni continue con effetti digitali di alto livello, la via più semplice ma anche liberatoria.
Perché se il tuo soggetto si basa su quattro tartarugoni guerrieri, brandizzati amanti di Pizza Hut ma dagli altisonanti nomi rinascimentali, magari non puoi pensare di fare il Batman di Il cavaliere oscuro (che, a proposito, viene preso in giro quando Michelangelo ne imita la voce profonda). Meglio quindi assecondare i gusti degli spettatori più giovani - ecco il 3D - e costruire una storia che sa di déjà-vu lontano un miglio ma che ha ancora la capacità di divertire quando si lascia andare a derive demenziali. In linea con l’ironia della serie animata tv del 1987, ecco che Tartarughe Ninja compie il miracolo di essere esattamente ciò che il suo pubblico si aspetta. Che non è mai un’operazione così semplice e banale. Ma questo Michael Bay lo sa.
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