Regia di Ivan Reitman vedi scheda film
Il film di Reitman introduce anche i profani nel rutilante mondo del 'calciomercato' NFL, con i suoi blasoni cittadini e le sue schermaglie psicologiche, facendo convergere gli elementi di uno studio scientifico del materiale umano a disposizione nel concitato finale di una contrattazione economica che chiuda in attivo tutti i bilanci ancora aperti
Al general manager dei Cleveland Browns rimangono solo 12 ore di tempo per giocarsi le poche chances di successo nelle trattative per le selezioni del Draft NFL. Tra pressioni familiari e professionali, dovrà imporre la sua autorità e la sua autonomia decisionale per non farsi condizionare e sperare di salvare la sua traballante carriera.
Dopo la felice incursione di Bennett Miller nel dietro le quinte delle selezioni universitarie per il campionato professionistico di baseball a colpi di algoritmi e psicologia spicciola (Moneyball), il papà d'arte Ivan Reitman ci parla delle ansie da prestazione di un figlio d'arte che fa fuori il padre, alle prese con il Draft per l'ancor più acclamato campionato di football americano, in un film che fa della spettacolarizzazione del mercato sportivo una disciplina a sè stante, ma che integra perfettamente lo spirito competitivo dello sport giocato e l'esasperante countdown di un sogno americano con le ore contate. Grazie al un montaggio alternato ed allo split-screen che riproduce le ricadute tecnologiche della comunicazione sociale ai tempi dello smartphone care alla generazione successiva (Men, Women & Children - Disconnect), questa sport-comedy dal piglio retorico cerca di superare i tempi morti delle trattative telefoniche e delle indagini di mercato, combinando i classici elementi di una vicenda umana e professionale giunta ad un punto cruciale (un uomo di mezza età che ha da poco perso il padre ed è in svogliata attesa di un figlio dalla segretaria) con gli avvincenti tatticismi di un meccanismo dello show-biz in cui ciascuno si gioca le proprie carte ma che reclama l'onere di responsabilità esclusivamente individuali: se si vince si vince insieme, se si perde solo alcuni vengono fatti fuori; una sorta di selezione darwiniana del mercato del lavoro già richiamata nel film di Miller. Se la figura del manager è ben caratterizzata dal solito piglio carismatico del biondo di turno (là era uno scattante Brad Pitt, qui uno stressatissimo Kevin Costner) contornato da figure accessorie ordinarie e funzionali (la contabile e amante di Jennifer Garner, il patron farfallone di Frank Langella, la mamma rompi di Ellen Burstyn e perfino il goffo stagista di Griffin Newman che richiama il nerd cervellone di Moneyball), il merito principale del film di Reitman è introdurre anche i profani nel rutilante mondo del 'calciomercato' NFL con i suoi blasoni cittadini e le sue schermaglie psicologiche senza esclusioni di colpi, facendo convergere gli elementi di uno studio scientifico del materiale umano a disposizione nel concitato finale di una contrattazione economica che chiuda in attivo tutti i bilanci ancora aperti. Merito certo di una sceneggiatura che non ostante la prevedibilità ed un epilogo accomodante, gioca con leggerezza sui luoghi comuni di un sottogenere ormai consolidato, ma anche sulla buona direzione degli attori da parte di una vecchia volpe come il regista di Ghostbusters. Durata ragionevole per un plot che si snoda lungo il conto alla rovescia di una inevitabile resa dei conti del protagonista con sè stesso, perchè se "non si può fermare il tempo, i grandi trovano sempre il modo di rallentarlo".
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