Regia di Roel Reiné vedi scheda film
In attesa di "Machete kills" nuovamente di Rodriguez, cast faraonico (con, per la prima volta sullo schermo, Charlie Estevez....ahahahah....fantastico!!!!...nel ruolo del Presidente) ed ironia da vendere, dei cui trailers cominciamo a godere nelle previews che anticipano le proiezioni, mi sembrava opportuno dare un'occhiata a questa ultima fatica della più celebre "faccia di cuoio" del action odierna, quel Danny Trejo che più di tutti forse ripete senza il minimo problema (e in fondo fa bene, da lui non pretendiamo molto altro) sempre lo stesso vendicativo e rancoroso personaggio. Il problema infatti sta altrove, qui in Dead in Tombstone: se cominciamo a dare un'occhiata al regista di questa impresa perduta ci accorgiamo che Roel Reiné è responsabile dei sequels di 12 Rounds, di addirittura due continuazioni di Death Race, e altresì del seguito del già poco esaltante Re Scorpione. Non che sia un crimine né una pecca forgiarsi di una carriera del genere, indicativa pur tuttavia di una certa probabile approssimazione di approccio come trait d'union. Qui torniamo alla leggendaria città di Tombstone, così chiamata da quando il bandito Red se ne impossessa dopo aver ucciso lo sceriffo, ma anche a tradimento il fratellastro Guerrero Hernandez (nome appropriato del personaggio di Trejo), che lo aveva liberato dalla forca poco prima. Giunto alle porte dell'inferno, Guerrero strappa un patto al diavolo (Mickey Rourke devastante, sempre più scult, che lo tortura mordendogli le dita e i capezzoli...incredibile!!) in modo che questo lo faccia tornare sulla terra per assicurare nel regno del maligno i responsabili di quel tradimento vigliacco e scellerato.
Fotografato alla meglio, il film si avvale di un'ambientazione posticcia da teatrino che rende tutto baracconesco, ma a latitare è soprattutto l'ironia, necessaria ed indispensabile a reggere una storia certo assurda, ma neanche impossibile da rendere cinematograficamente, se dotati di un pò di estro e di uno sguardo tra il fumettistico ed il baracconesco che qui invece sono sostituiti solamente da una piatta convenzionalità da "buona la prima". Certo non qui, e probabilmente solo con "Machete kills" ritroveremo il Danny Trejo irresistibile che apprezziamo, contornato dall'eccesso indispensabile che sa renderlo un personaggio unico ed eccessivo da vero e proprio genuino grindhouse.
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