Regia di Louis Malle vedi scheda film
Nella Francia di Petain occupata dai nazisti, Julien Quentin (Gaspard Manesse) frequenta un collegio cattolico. Qui conosce Jean Bonnet (Raphael Fejto), un ragazzo taciturno che se ne sta sempre sulle sue, non si aggrega mai al resto della classe ed ha una particolare attitudine per la matematica. Dopo i primi momenti di reciproca diffidenza e di aperti contrasti, i due stringono amicizia nel segno della comune passione per la lettura. Julien scopre che il vero nome del suo nuovo amico è Jean Kippeinstein, un ebreo entrato sotto falso nome in collegio per sfuggire alla furia nazista. Se si esclude il freddo e la disciplina scolastica, i ragazzi trascorrono serenamente le giornate. I problemi sorgono quando gli occupanti tedeschi scoprono che Padre Michael (Francois Berlèand), nel suo istituto, tiene nascosti degli ebrei sotto falso nome.
"Arrivederci ragazzi" (Leone d'oro a Venezia) è un film largamente autobiografico di Louis Malle che indaga con candido pudore la vita di collegio di questi ragazzi seguendone le sorti senza cedere al ricatto di fare della facile retorica, senza ricercare la compassione indugiando più del dovuto sulle loro scosse emotive, ma rappresentando con limpida linearità l'aspetto più spiccatamente veritiero dell'adolescenza che è quello di trascorrere tranquilla se nulla e nessuno arriva dall'esterno a sconvolgerne il sereno andamento. Le incomprensioni, le liti, le mattane, gli egoismi, i primi impulsi sessuali, fanno la normale spienseratezza di un gruppo di ragazzi che avverte certamente i segni del disagio che incombe fuori dalle mura dell'istituto ma che non ha gli strumenti per decodificarne l'origine, per conferire attributi chiari agli echi indistinti che provengono dall'esterno. La brutta storia dei grandi si svolge oltre le mura dell'istituto e i ragazzi non possono e non devono conoscere il senso profondo di quella guerra da cui sono suffientemente lontani per non interrompere il loro naturale iter formativo ma non abbastanza da non doverne fare ripetutamente i conti quando sono costretti a ritirarsi nei rifugi. E qui sta la maestria di Louis Malle, nel tratteggiare la santa allegrezza giovanile sullo sfondo di un'immane sciagura per l'umanità. Ma tra i ragazzi c'è qualcuno che è diretto testimone delle cose brutte che si dicono e sconta sulla propria pelle tutto il disagio di aver dovuto capire troppo in fretta. Jean Bonnet sa che essere ebreo è un marchio d'infamia che è bene tenere nascosto e Julien Quentin lo scopre strada facendo. Basta questo per legarli per sempre, a generare un rapporto che è fatto di semplici gesti, piccole complicità, passioni comuni. Basta l'aver maturato insieme la conoscenza di un pericolo che incombe su tutta l'umanità per rendere indissolubile un amicizia in fieri. Ma proprio quando Jean e Julien stanno consolidando un amicizia per la vita sulla base della vicendevole scoperta del mondo, la furia nazista interviene a distruggere tutto, a interrompere equilibri affettivi che non saranno mai più gli stessi, a generare ferite nell'animo che mai si rimargineranno del tutto. Grande film, con uno dei finali più belli e struggenti che io ricordi, tanto elementare nella sua architettura stilistica quanto fortemente capace di generare sdegno di fronte a un male assoluto.
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