Regia di Zhengfan Yang vedi scheda film
FESTIVAL DI LOCARNO - CONCORSO CINEASTI DEL PRESENTE
La didascalia che accompagnava giorno per giorno, ora dopo ora, le proiezioni per la stampa nella centralissima sala Kursaal presso il Casinò di Locarno, non lasciava scampo: “No dialogue” campeggiava in rilievo e fieramente faceva presagire di trovarci di fronte ad una pellicola che quantomeno lasciasse supporre un approccio narrativo non certo tradizionale. Non penso sia un caso che in sala fossimo circa non più di una decina (era successo lo stesso con l’interessante e premiato film nepalese Manakamana).
Il film del cinese Zhengfan Yang risulta certo piuttosto arduo da seguire nella sua completezza, nella talvolta estenuante ordinarietà delle azioni che ci apprestiamo a seguire, che ci fanno sentire, nel ruolo di spettatori, quasi degli osservatori di un altro pianeta costretti a stringere gli occhi per vedere (da distante, come suggerisce il titolo) le ordinarie tribolazioni di una umanità sola e destinata ad arrangiarsi come può, sfruttando intuizioni, intelligenza e capacità manuali. Va detto che i singoli tredici episodi che compongono questo puzzle di attimi di vita, fotografano (più che filmare) una umanità alle prese con delle problematiche legate alla modernità, al progresso che va avanti e pretende che lo si segua e lo si assimili, pena l’impossibilità di riuscire a risolvere problematiche a cui prima una semplice manualità poteva supplire e risultare più che adeguata.
Ma è anche un film che comunica solitudine, abbandono a se stessi, incapacità o impossibilità di chiedere e trovare un aiuto adeguato, una assistenza cortese e disinteressata alle mille ordinarie vicissitudini di una vita sempre più difficile, nonostante il progresso sia concettualmente destinato a facilitarci la vita, a risparmiarci le titaniche fatiche fisiche e procedurali dei nostri discendenti.
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