Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film
Viaggio fantasmagorico di straordinaria modernità, ad opera del magico duo Powell & Pressburger, precursore dei talent movies e anticipatore dei grandi musical anni 50, straziante parabola sulla devozione all'arte e sul dilemma del suo essere alternativa alla vita, a distanza di sette decenni non ha perso nulla del suo potere incantatore.
Un viaggio fantasmagorico di straordinaria modernità, ad opera del magico duo Powell & Pressburger (The Archers) qui produttori, autori e registi. Precursore dei talent moviesà la Saranno Famosi, con il suo sguardo dall'interno nel mondo del balletto, e anticipatore dei grandi musical anni 50 come Un Americano a Parigi, che ne trarrà ispirazione, a distanza di sette decenni non ha perso nulla del suo potere incantatore.
L'intransigente impresario Boris Lermontov (Anton Walbrook) è il dominus della compagnia del Ballet Lermontov di Londra, dominando incontrastato su un ensamble artistico fatto di ballerini, musicisti, direttori di orchestrata, coreografi, scenografi, costumisti e tutti coloro le cui professionalità collaborano a dar vita ad un grande spettacolo. Alla ricerca di sangue fresco con cui animare la sua compagnia, ingaggia due promettenti nuove leve, il compositore Julian Craster (Marius Goring) e la ballerina Vicky Page (Moira Shearer). Su di loro incentra la sua nuova opera da portare sul palcoscenico, “Scarpette Rosse”, tratta dall'omonima fiaba di Hans Christian Andersen, che narra di una giovane ballerina, costretta a danzare fino alla morte dalle proprie scarpe.
Nel film le scarpette rosse fungono da metafora dell'ossessione che unisce i tre protagonisti, ma allo stesso tempo li separa: “Why do you want to dance?” chiede Lermontov al primo incontro con Vicky Page, e lei fa scoccare la scintilla rispondendo con un'altra domanda: “Why do you want to live?”. Divorato da una dedizione religiosa per l'arte, che a sua opinione deve sempre prevalere nella maniera più assoluta sulla vita, ridotta a fastidioso elemento di distrazione che il vero artista deve imparare a sacrificare (“The dancer who relies on the comforts of human love will never be a great dancer. Never!”), il rapporto del pigmalione Lermontov con la creatura Vicky e la sua rabbiosa reazione allo sbocciare del sentimento tra questa e Julian, che spariglierà i suoi progetti artistici, è il fulcro dello sviluppo drammatico della pellicola. Purtroppo la manipolazione psicologica prevale nella atteggiamento dell'impresario: davanti alla gioia dei due innamorati, nei suoi occhi scuri leggiamo un feroce risentimento, ma non si tratta della classica gelosia romantica. Boris, nella superba interpretazione di Anton Walbrook, non è così semplice da leggere, è un enigma deliberato, un uomo che non vuole essere capito, ma imporre la sua volontà, fino al punto di negare alle sue “creature” le più semplici e naturali felicità, nascondendo tuttavia i suoi veri sentimenti. Se dietro la contrarietà alle relazioni sentimentali ed ai matrimoni delle sue vedette si celi una brama sentimentale o sessuale, camuffata da rigore artistico, non lo si capirà mai. In un caso o nell'altro, la sua imperscrutabile rigidità sarà la maledizione di Vicky, lacerata dalla scelta straziante tra arte e vita.
Il film è perfettamente in grado di appassionare anche i profani del balletto, attraverso la rappresentazione avvincente del lavoro creativo degli artisti, delle dinamiche della costruzione di uno spettacolo, con i complicati equilibri all'interno di una equipe di artisti, ciascuno con la sua spiccata personalità, che è necessario coordinare nella maniera più armonica possibile con quella delle altre "prime donne", e la competizione accesa, ma anche la solidarietà tra compagni di palcoscenico. Alla risuscita e realismo del film dà un contributo fondamentale la scelta di nella scelta di scritturare veri ballerini come protagonisti, come la stella Ludmilla Tcherina, i coreografi Leonide Massine e Robert Helpmann, ed ovviamente la giovane promessa Moira Shearer, ballerina del Sadler's Wells Ballet, nel ruolo di Vicky.
Ma il momento in cui la perfezione tecnica si mette al servizio dell'emozione per creare una grande opera d'arte, ricca surralismo e magnificenza, è la fantasmagorica sequenza della rappresentazione del balletto “Scarpette Rosse” all'Opera di Montecarlo, sogno ad occhi aperti lungo oltre quindici minuti, in cui, immerso in un caleidoscopio di colori smaglianti, il palcoscenico viene trasformato in uno spazio surreale, in cui Vicky scivola e vola attraverso una sequenza di coreografie immaginifiche, tra paesaggi fiabeschi ed arditi trucchi scenici (come quando la protagonista balla con un foglio di giornale).
E poi ancora come non citare la musica della colonna sonora, composta da Brian Easdale ed eseguita dalla Royal Philarmonic Orchestra, la regia modernissima di Michael Powell, l'espressività della fotografia in technicolor di di Jack Cardiff, tutto pare allinearsi alla perfezione per creare un film di bellezza ammaliante e di intensità sbalorditiva capace, a settant'anni di distanza, di colpire al cuore lo spettatore.
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