Regia di Andrea Segre vedi scheda film
Indebito è il trattamento che subisce il paese, soprattutto il popolo da cui ha avuto origine lo sviluppo del pensiero e della cultura, da parte di chi ha stabilito che l’economia sia l’unico indicatore di salvaguardia della dignità, del diritto a determinarsi, della libera esistenza delle persone. Andrea Segre per una volta ribalta il suo modo di operare, anziché mostrare il nostro paese con gli occhi e lo sguardo degli immigrati, che diventano i portavoce e i soli che ci fanno vedere quello che ci appartiene ma che non riusciamo più a rappresentare, si sposta nella vicina e “derelitta” Grecia alle prese con una crisi nerissima. Il documentario vaga all’interno delle taverne greche fra Atene e Salonicco, dove vive e si esprime radicalmente il rebetiko, un genere musicale pieno di storia, di tradizione, di dignità. Attraverso i suoi interpreti per lo più ripresi in performance musicali e in frammentarie interviste, la mdp di Segre con la costante presenza di Vinicio Capossela (uno dei musicisti meno facili all’omologazione e più portato alla ricerca artistica non solo riconducibile alla musica in sé) ne estrapola la natura autentica e verace, che ha permesso al rebetiko di superare l’impasse temporale mantenendo la sua caratteristica identità e la sua spiccata vocazione popolare. I testi sono semplici, impregnati di dolore antico e disagio, se attualizzati sembrano interpretare lo sconforto, il grido di dolore ribelle che si sta levando dal popolo greco. L’abilità registica di Segre si ritrova nelle inquadrature dei primi piani dei protagonisti, artisti davvero convinti e coinvolti nel loro mestiere, i tagli fotografici di Luca Bigazzi imprimono alle immagini la giusta rilevanza. Segre documenta, localizza e ritaglia interessanti convergenze con le parole del rebetiko e le scritte sui muri, che siano esplosioni di rabbia o d'amore poco conta. Prevale come detto la parte musicale, resta però debole in tutta l’operazione l’indagine su quanto l’espressività del rebetiko sia concepita fuori dalle taverne, su quanto sia penetrata nel contesto sociale. Affascinato dal connubio vincente Capossela- musicisti locali, Segre è diviso fra la percezione di quanto la musica possa espandere il proprio messaggio all’esterno e quello che invece possa rappresentare come un indicativo punto di partenza. Un’ultima considerazione inevitabilmente corre al nostro patrimonio tradizionale musicale, ricco ma d’impronta strettamente regionale. La marginalizzazione e l’estrema localizzazione ne favoriscono la progressiva scomparsa, invece la musica è scambio, incontro, conoscenza d’identità. Un esempio significativo lo ritroviamo nel linguaggio se confrontato con ciò che accade con il greco (per esempio, il termine rebetiko ha origini turche….) La costruzione del greco moderno contiene l’assimilazione di termini dialettali che ha ampliato significati, ha allargato i confini della comprensione, ha dato luce e bellezza supplementare alle parole, non è stata imposta alcuna colonizzazioni verbale tesa a distruggere o a nascondere le differenze. Come le molteplici sfumature delle note musicali, e del loro eco sconfinato che magicamente diventa messaggio universale, se si sa ascoltare.
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