Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Con il suo Scarface De Palma (insieme a O.Stone, padre della sceneggiatura) ci ha voluto stuzzicare, anzi; ha voluto provocarci. Dapprima ci ha indotto a prendere posizione, a prendere le distanze da uno come Tony Montana; gangster ossessionato dal denaro, dalle donne, dal lusso sfrenato e dal successo facile. Assetato di potere e animato da deliri di onnipotenza. De Palma ha voluto farci nutrire disprezzo e disgusto per uno come lui; ha voluto farci puntare il dito dell’indignazione e della condanna. Noi non abbiamo nulla a che spartire con quelli come Tony Montana!
Poi, ad un certo punto (quando Montana fa la scenata al ristorante), De Palma svela le sue carte; fulmineo, vibra una tagliente stilettata che affonda nel nostro orgoglioso e finto perbenismo di facciata. La verità (ci rinfaccia De Palma) è che noi abbiamo bisogno dei tipi come Montana. Ci fanno comodo. Su di loro scarichiamo frustrazioni e fallimenti. Quelli come lui li usiamo come stracci per lavarci la coscienza, permettendo di sentirci meno sporchi dentro. La verità è, dunque, che non siamo molto diversi da lui.
E’ un presentimento che ci spiazza. Non è possibile! De Palma starà scherzando. D’altronde la scena è relativamente breve, così, nel prosieguo del film, ci convinciamo che il regista abbia voluto tirarci un brutto scherzo. Voleva solo mostrarci Montana sotto una diversa luce, più umana; voleva farcelo apparire meno odioso, farcelo compatire un po’ (per quanto possibile) prima del suo meritato annientamento.
Ma non si può più tornare indietro. A film terminato il germe del dubbio sta già maturando in noi. Lentamente si fa strada l’agghiacciante sospetto che Tony Montana, in realtà, è solo il nostro riflesso, solo un po’ più grezzo e iperbolico. Nel nostro piccolo, siamo tutti Tony Montana.
E questo ci sconvolge.
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