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Djinn

Regia di Tobe Hooper vedi scheda film

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La recensione su Djinn

di maghella
5 stelle

A 7 anni dal suo ultimo film, Tob Hooper torna per fare nuovamente flop. Un flop ben confezionato e anche molto originale nella forma – se vogliamo – ma sempre flop rimane. Originale perché il film “vanta” una produzione molto ricca e agiata, quella degli Emirati Arabi Uniti, la nuova frontiera dell'industria cinematografica. Già dal 2011 girava voce di questo Djin arabo firmato Hooper, poi se ne erano perse le tracce nella polvere del deserto, e forse sarebbe stato meglio così.

Cosa non funziona in questo film? Un po' tutto. Una brodaglia di cose viste e riviste, tutto infarcito da un ritmo lentissimo e inesorabilmente noioso, con assoluta mancanza di suspance, tranne che per una scena ben costruita e che mi ha fatto ben sperare per almeno 2 minuti netti.

 

Dopo la morte del loro piccolo figlio di 6 mesi, una coppia araba residente negli Stati Uniti d'America, decide di tornare nel loro paese di origine per affrontare accanto alla famiglia della moglie questo periodo di crisi coniugale dovuta al lutto.

Da qui tutto si fa nebuloso, proprio come nella storia. Infatti i due si trasferiscono in un non ben decifrato villaggio ultramoderno di proprietà dell'azienda dove lavora il marito. Villaggio che era originario dello spirito malvagio Djin; villaggio che è in perenne balia di una fitta nebbia, che tutto nasconde. In verità tutto rimane confuso ma non è per colpa della nebbia. Il Djin pare abbia fatto a suo tempo un figlio pure lei, che poi (non si capisce bene da chi e perché) è stato ucciso (?), nascosto (?). La moglie, che si chiama Salama (e qui ogni volta che veniva chiamata in ballo la Salama mi partiva un sorrisetto cretino sulla faccia), si accorge immediatamente dopo pochi minuti che si è trasferita nel lussuoso appartamento che c'è qualcosa che non va. Apparizioni, sparizioni, porte che sbattono, vetri che si rompono e tutte quelle cose che facevano paura cinquant'anni fa e che oggi ci vengono riproposte con effetti specialissimi ad un costo super elevato.

C'è un po' di tutto in questo Djin: molto Shining, moltissimo “The Water” e “The Ring” e tutto quel tipo di atmosfera ghost orientale, infine un pizzico di “Rosmary's baby” che non guasta mai. Purtroppo non serve, la storia rimane inconcludente e molto pasticciata. Si cerca in tutte le maniere di trovare un bandolo della matassa sul finale, che assolutamente si perde nel più banale delle conclusioni.

 

Tob Hooper non fa roba decente da almeno 20 anni. Mi piace sempre molto “The Mangler. La macchina infernale”-1995, con il suo amico Robert Englund come protagonista. Anche per Hooper come per Dario Argento, il genere horror è stato un abisso di delusioni. C'è da dire però che anche in filmetti di questo genere, si nota sempre la mano del bravo regista scafato, che ti risolve scene alquanto banali e scontante, regalando qualche brivido sulla schiena.

Non c'è davvero molto di più in questo Djin che non farebbe paura nemmeno a mia nipote di 7 anni: solo qualche brivido sulla schiena, uno...o due al massimo.

 

Nota personale:

Per me Tob Hooper rimane il genio che ha inventato Leather Face, quindi massimo rispetto pure se fa da qui a sempre solo schifezze. A questo film gli do 5 invece che 4 proprio per rispetto ad una carriera che tutto sommato ha trascorso e superato i quarant'anni. Poteva fermarsi prima? forse.

 

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