Regia di Sue Brooks vedi scheda film
72° FESTIVAL DI VENEZIA - CONCORSO
La frenesia di strutturare il racconto scompaginando il nesso cronologico e sfilacciando il racconto in una serie di via vai temporali che ne permottono una cronaca scientemente frammentata, è un giochino narrativo che seduce sempre più registi e sceneggiatori oggigiorno. La cineasta australiana Sue Brooks se ne appropria in quyesto suo raccconto che, partendo da una fuga giovaniòle di una edicenne con la sua amica del cuore, scappate per un concerto con una somma considerevole derubata dalla cassaforte di famiglia, si immettono in un viaggio che avrà una breve durata e dal quale si dirameranno avvenimenti tragicomici che risulteranno avere conseguenze indelebili e spesso dolorose in tutta una serie di personaggi coinvolti.
Una crisi coniugale, alcuni vezzi e civetterie di un (incredibilmente) anziano detective che aiuterà la famiglia della scomparsa nella ricerca della figlia; le prime sbandate amorose foriere di cocenti delusioni; un camionista in viaggio con suo figlio: insomma, un guazzabuglio in cui la regista dimostra presto di perdere il controllo, introducendo ed inzeppando la pellicola di particolari totalmente ininfluenti (vedi la storia personale del camionista con pargolo e moglie isterica che lo assilla da casa) sull'economia della vicenda: che si avvita su se stessa fino ad un epilogo tragico che giustifichiamo ed accettiamo, a differenza di molto o almeno parte di ciò che ci viene proposto in precedenza.
Insomma in questo road movie che tenta di sedurci e a tratti forse ci riesce pure, si ha l'impressione di stare seduti su una giostra imprevedibile, come lo è spesso la vita, ammettiamolo, con i suoi dolori e le sue amarezze, con le piccole sorprese ed ironie che nascono dalla voglia di vivere e di far parte del mondo; ma anche di trovarsi di fronte ad un racconto organizzato un pò a casaccio, con capitoli che si intersecano veloci all'inizio e vengono abbandonati nel prosieguo senza un minimo di coerenza e cura del filo narrativo.
Senza voler scomodare Kieslowski (ma un pò anche si), veniamo sopraffatti da un disordine che si trasforma solo in caos e personalmente non ci convince per nulla.
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