Regia di Lone Scherfig vedi scheda film
“Ragazzi ricchi che compiono azioni riprovevoli” è un tema noto, ma Posh ha ambizioni ben più elevate di una qualsiasi puntata di Gossip Girl: è tratto da un’omonima pièce che fece scalpore oltremanica (adattata per lo schermo dall’autrice, Laura Wade), soprattutto perché si riferiva, neanche troppo velatamente, al vero Bullington Club, gruppo “segreto” oxfordiano che ha annoverato tra i suoi potenti membri anche il premier David Cameron. Dell’origine drammaturgica, Posh soffre soprattutto la spaccatura netta in due parti: la prima, quasi tutta creata ex novo per l’adattamento cinematografico, ricorda troppo da vicino i teen drama di cui sopra, gioca con il pubblico e le sue aspettative, flirtando con l’insopprimibile simpatia per belle e simpatiche canaglie, sfrontatamente immerse nei loro privilegi.
Il cambiamento di tono è brusco e repentino, il film si serra all’improvviso nella location fintamente rassicurante di un pub di campagna dove il circolo chiuso di giovinastri celebra una cena rituale a base di eccessi e umiliazioni, e nella claustrofobica unità di tempo e luogo raggiunge a tratti il senso di disagio e di disgusto che si prefissa. Peccato che, a questo punto, gli manchino il respiro e l’atmosfera, ma soprattutto che, nel tentativo di conquistare un appeal internazionale, perda la carica polemica e stemperi in sfumature scandalistiche la critica al classismo insitamente britannico. E che ci lasci con una strizzata d’occhio cinica, una lezione morale più ovvia che amara.
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